Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (parte 3)

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Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (parte 3)

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  5. Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (parte 3)

Prosegue il tentativo di traduzione dell’articolo di Greg Nuckols sulla relazione tra ipertrofia e forza muscolare, di seguito ecco la terza parte (parte 1parte 2).

Il muscolo e le singole articolazioni

Sono tre i fattori primari che determinano il momento di forza che un muscolo può produrre in corrispondenza di un’articolazione:

1. La massima forza contrattile che un muscolo può esercitare su un osso. La massima forza contrattile dipende dalla dimensione del muscolo stesso, ovvero potenzialmente dall’architettura muscolare, e dall’ammontare della forza che può produrre per unità di misura.

2. Se il sistema nervoso può o meno attivare adeguatamente tutte o la maggior parte delle unità motorie nel muscolo e sopprimere l’attivazione dei muscoli antagonisti.

3. I punti di inserzione dei muscoli.

Affronterò questi tre fattori all’inverso.

Punti di inserzione

Quando i muscoli si contraggono tirano contro le ossa, creando un momento fisico  sulle articolazioni che attraversano. L’ampiezza del momento dell’articolazione è determinato dalla forza di contrazione e dalla lunghezza del braccio del momento muscolare. Se metti a confronto due persone i cui muscoli si contraggono con lo stesso identico ammontare di forza, la persona con il braccio del momento muscolare più lungo sarà in grado di produrre un momento più grande sull’articolazione (se sei confuso sui momenti delle articolazioni dai un’occhiata a questo ripasso veloce)

C’è una variabilità coniderevole nei bracci del momento muscolare. Per esempio in questo studio il braccio del momento medio per i quadricipiti era 40.2±3.5mm. Se i quadricipiti di qualcuno si contraggono con una forza di 5000N e tali quadricipiti hanno un braccio del momento muscolare di 40.2mm, allora saranno capaci di produrre un momento estensore del finocchio pari a 201Nm. Se, invece, il braccio del momento muscolare è pari soltanto a 36.7mm (-1 di deviazione standard), i quadricipiti produrranno un momento estensore del ginocchio di soli 183.5Nm.

In altre parole, se metti a confronto due persone i cui quadricipiti hanno esattamente la stessa forza ma uno di loro ha un braccio del momento muscolare che è più grande del normale e l’altro ha un braccio del momento muscolare più corto del normale (un braccio del momento “fortunato” per la forza VS uno “sfortunato”, ma sicuramente non anomali), la persona con il braccio del momento muscolare più lungo sarà capace di produrre un momento estensore del ginocchio più grande del 19%.

La diversità nei bracci del momento muscolare non fa la differenza tra un qualsiasi Mario o una qualsiasi Maria e un atleta di fama mondiale, ma è stata comunque individuata come la causa di un 16/25% della variabilità della forza maschile nelle estensioni del ginocchio.

Inoltre, Delp ha dimostrato che differenze sul collocamento dell’articolazione dell’anca possono avere un grosso impatto sui bracci del momento muscolare di flessori, estensori, adduttori e abduttori dell’anca.

In più, man mano che i muscoli crescono, i loro bracci di momento muscolare tendono ad allungarsi nel processo in corrispondenza della maggior parte (non tutti) delle articolazioni e degli angoli articolari. Il punto di ancoraggio non cambia, ma cambia la linea di tiro e il centro del muscolo, dove questa attraversa l’articolazione (che è dove misureresti il braccio del momento muscolare), si allontana dal centro dell’articolazione.

Un recente studio di Andrew Vigotsky lo dimostra in modo affascinante:

La variabilità nei bracci del momento muscolare ci aiuta a spiegare il nostro primo indovinello (un ragazzo più piccolo che solleva più peso di uno più grosso), mentre l’allungamento dei bracci del momento muscolare tramite l’ipertrofizzazione ci aiuta a spiegare il nostro secondo dilemma (guadagnare sproporzionatamente più forza che massa muscolare nel corso della storia di training).

Attivazione muscolare

Tantissime persone credono nella teoria per cui in condizioni normali abbiamo accesso soltanto ad una parte della nostra forza, ma che quando la situazione lo richiede (ad esempio se vediamo una persona cara intrappolata sotto un’auto) abbiamo una riserva di forza extra che aspetta solo di essere sguinzagliata nel momento in cui nelle vene arriva abbastanza adrenalina.

Sfortunatamente, con tutta probabilità non è così.

In condizioni di laboratorio è possibile testare quanta della sua forza una persona è capace di sfruttare. Bisogna spingere la persona a produrre il massimo della forza che riesce (contrazione volontaria) e poi stimolare elettricamente il muscolo per forzare ogni singola fibra muscolare a contrarsi più forte che può (contrazione evocata).

Le contrazioni volontarie hanno quasi sempre la forza di almeno il 90% di quelle evocate, tipicamente il 95%. A volte, addirittura, le contrazioni volontarie sono forti tanto quanto quelle evocate, anche in persone non allenate. Semplicemente, non c’è tanto spazio per il miglioramento.

Dobbiamo tenere a mente che qui stiamo parlando di singoli gruppi muscolari – può essere vero che l’unità di assunzione motoria aumenti con l’esperienza di allenamento nei sollevamenti combinati.

Onestamente, non sono sicuro che questo sia stato studiato, o che possa essere studiato al di là dell’elettromiografia, che è un po’ più caotica di come pensi la maggior parte delle persone.

Mettere a confronto le contrazioni volontarie con quelle evocate per qualcosa come le curve isometriche o le estensioni del ginocchio è semplice, ma stimolare al massimo i quadricipiti di qualcuno, o i suoi glutei, o i suoi tendini posteriori del ginocchio, o i suoi adduttori mentre il soggetto sta tentando uno squat di 1RM sarebbe un disastro assicurato.

Ad ogni modo, quando abbiamo a che fare con la forza di un singolo muscolo o gruppo muscolare, non sembra che aumentare l’attivazione del muscolo possa far guadagnare tanta forza, anche perché la maggior parte delle persone attiva efficacemente i propri muscoli in primo luogo.

Massima forza contrattile – Quello che dipende dalla dimensione e dall’architettura

Il resto della variabilità non spiegata dalle variazioni nei bracci del momento e dalle (piccole) variazioni nell’attivazione muscolare deve essere spiegata dall’abilità intrinseca di un muscolo di produrre forza.

Ci sono tantissime cose che contribuiscono alla produzione di forza muscolare, inclusa la dimensione del muscolo (sezione trasversale anatomica, o ACSA), la sua architettura (lunghezza dei fasci e angoli di pennazione), il grado di attivazione muscolare (che probabilmente non ha grandi effetti per la maggior parte delle persone) e la tensione specifica personale delle singole fibre muscolari (come discusso in precedenza).

La correlazione tra ACSA e forza muscolare e/o momenti articolatori è tipicamente intorno a r=0.7-0.75, il che significa che la grandezza del muscolo spiega solo circa il 50% della variabilità nella produzione di forza. Altri fattori architetturali (come la lunghezza dei fasci e l’angolo di pennazione) non si collegano nemmeno così strettamente (r=0.3-0.45), spiegando solo il 10-20% della variazione.

Ad ogni modo, la lunghezza dei fasci e gli angoli di pennazione tendono ad aumentare con l’ipertrofia, così è meno chiaro se possano o meno influenzare indipendentemente la forza contrattile (e, in caso positivo, il loro contributo sarebbe comunque abbastanza debole: in realtà, Erskine ha dimostrato che i cambiamenti negli angoli di pennazione e nella lunghezza dei fasci potrebbe essere debolmente correlata in modo negativo al guadagno di forza).

Massima forza contrattile – Quello che non dipende dalla dimensione e dall’architettura

Quindi, dimensione muscolare e architettura spiegano appena il 50/70% delle variazioni nella forza contrattile del muscolo. Il resto, allora, dipende da fattori che hanno effetto sulla forza muscolare indipendentemente dalle dimensioni del muscolo.

C’è un concetto  capace di spiegarlo: la Forza Muscolare Normalizzata (NMF).

La NMF è molto simile alla tensione specifica. La tensione specifica è l’ammontare di forza che una fibra muscolare può produrre relativamente alla sua sezione trasversale, e NMF è l’ammontare della forza che un intero muscolo può produrre relativamente alla sua sezione trasversale.

La maggior parte degli studi (anche se non tutti) dimostra che la NMF aumenta in risposta all’allenamento. Questo contrasta con la tensione specifica della singola fibra, che invece non tende ad aumentare con l’esercizio. Di conseguenza, qualcosa permette al muscolo di produrre più forza senza un aumento della capacità di produrre forza delle sue singole fibre, e (generalmente) senza un aumento nell’attivazione muscolare. Non è un bel rompicapo?

La spiegazione più plausibile per la discordanza tra la tensione specifica della singola fibra muscolare e la NMF è un aumento di tessuto connettivo e di proteine della membrana, responsabili della forza di trasmissione laterale dalla fibra muscolare al tessuto connettivo intorno. Questo consentirebbe a più forza totale di raggiungere il tendine con la stessa forza di contrazione per ogni fibra muscolare.

Fino all’80% della forza contrattile di ogni fibra muscolare può essere trasferita al tessuto connettivo circostante attraverso proteine specializzate che collegano ogni fibra alla fascia muscolare (endomisio, perimisio, epimisio, etc.). Questa forza può poi essere trasferita ai tendini, sommandola alla forza consegnata al tendine direttamente da ogni fibra muscolare all’incrocio tendino-muscolare.

Possiamo vedere questo effetto in azione negli studi che riportano sia la tensione specifica della fibra che la NMF (entrambe derivate dall’output di forza diviso per la sezione trasversale). Per esempio in questo studio la NMF era approssimativamente più alta del 23% rispetto la tensione specifica delle fibre nel pre-training, e approssimativamente il 36% più alta post-training.

Il muscolo può produrre più forza per unità di grandezza rispetto a quella ottenuta dalle singole fibre, perché la sua forza può essere trasmessa più efficientemente ai tendini grazie agli attacchi del tessuto connettivo.

Questa idea per cui gli aumenti in NMF possono essere spiegati da aumenti della trasmissione di forza laterale era stata teorizzata già negli anni ’80, ma ancora non ha avuto un supporto sperimentale diretto.

Noi sappiamo che la trasmissione di forza laterale esiste, ma non sappiamo ancora se aumenta come risultato dell’allenamento. Ad ogni modo, uno studio di Erskine del 2010 appoggia questa posizione.

Una trasmissione di forza laterale accresciuta attraverso un aumento dei rami di tessuto connettivo consentirà una trasmissione di forza più efficiente tra le fibre muscolari e i tendini, ma allo stesso tempo diminuirà la lunghezza effettiva delle fibre muscolari. Di conseguenza, dobbiamo aspettarci che il potere relativo (l’output normalizzato per il volume del muscolo) diminuisca.

In questo studio, nessun dato di misurazione è cambiato a livello di fibra muscolare: i partecipanti non hanno trovato cambiamenti nella tensione muscolare specifica, nei picchi di potere o nella velocità di riduzione.

La NMF, d’altra parte, è aumentata del 17% mentre il potere dell’intero muscolo normalizzato per la dimensione è rimasto lo stesso. Potenza = Forza x Velocità, quindi se la forza relativa aumenta del 17% mentre la potenza non cambia, la relativa velocità di accorciamento deve essere diminuita del 17%.

Tutte queste scoperte sono coerenti con l’ipotesi della trasmissione di forza laterale: nessun cambiamento a livello di fibre individuali ma un aumento dell’abilità del muscolo intero di produrre forza indipendentemente dalla dimensione, il tutto accompagnato da una diminuzione della velocità di riduzione.

Per confermare l’ipotesi saranno necessari studi diretti sui rami di tessuto connettivo e sui cambiamenti nelle proteine di membrana (come la distrofina), ma al momento questa sembra la spiegazione più plausibile per l’aumento di NMF in risposta all’allenamento.

Così come per ogni altro fattore che abbiamo discusso fino ad ora, c’è una grande variabilità nell’NMF e nei suoi cambiamenti. In questo studio particolare (che è in linea con la maggioranza della letteratura sull’oggetto), l’aumento di NMF era del 17±11%, il che significa che un buon numero di persone potrebbero aspettarsi un aumento della forza muscolare indipendente dalla dimensione del muscolo del 28% o più, mentre altri vedranno soltanto un aumento del 6% o meno.

Inoltre, la NMF calcolata post-training è di 30.3±6.7N/cm2, che significa che se l’NMF dei tuoi muscoli è 1 deviazione standard sopra la media (37N/cm2), produrrai il 57% di forza in più per ogni unità di area trasversale del muscolo rispetto a qualcuno la cui NMF è 1 deviazione standard al di sotto della media (23.6N/cm2).

Oltretutto, lo stile di allenamento può influenzare la NMF, come accade ad esempio con i tricipiti dei sollevatori di pesi che hanno una NMF più alta rispetto a quelli dei bodybuilders (ma, ripetiamolo, come per i dati sulla tensione specifica delle fibre muscolari, non possiamo trarre inferenze causali dalla ricerca sull’area trasversale – tutto ciò che abbiamo è un indizio).

Guardando al livello dell’intero muscolo, stiamo iniziando a vedere alcuni fattori che chiaramente aiutano a spiegare i nostri due rompicapo. Il ragazzo più minuto potrebbe sollevare un peso maggiore del ragazzo più grosso perché in possesso di inserzioni muscolari più favorevoli (bracci del momento muscolare più lunghi), di un’architettura muscolare migliore o di una NMF più alta.

In più, siamo capaci di guadagnare più forza che massa muscolare, in parte perché i bracci del momento muscolare tendono ad allungars progressivamente con la crescita del muscolo stesso (che ha un effetto moltiplicatore sulla forza), e poi perché la NMF aumenta con l’allenamento, il che significa che possiamo produrre più forza muscolare per unità di massa.

Continua…

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Diego De Carolis - Nutrizione & Performance
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