Un altro importante capitolo riguardo la specificità della forza è il vettore della forza applicato durante il gesto atletico e di conseguenza come la forza vada allenata per massimizzare il transfer dal training alla performance di gara. Uno spunto e qualche dato significativo possiamo trovarli in un articolo sul sito Strenght & Conditioning Research.
I guadagni di forza sono specifici a seconda del vettore di forza che usi.
I vettori di forza sono proprio il modo in cui ci riferiamo alla direzione in cui viene applicata la forza rispetto al corpo. Quando ci muoviamo, questi vettori di forza vengono spesso definiti “verticali” e “orizzontali”. Il salto verticale coinvolge un vettore di forza che comprende principalmente una componente verticale. Il salto orizzontale e lo sprint coinvolgono un vettore di forza con componenti sia orizzontali che verticali.
Quando si programmano gli esercizi, si tende a fare riferimento a vettori di forza verticali come vettori di forze assiali e vettori di forze orizzontali come vettori di forze antero-posteriore.
L’allenamento con un vettore di forza orizzontale (antero-posteriore) porta a maggiori guadagni nella capacità di esercitare la forza in direzione orizzontale, mentre allenarsi con un vettore di forza verticale (assiale) porta a guadagni maggiori nella capacità di esercitare la forza in direzione verticale (Contreras et al., 2016).
Dall’infografica qui sotto possiamo leggere:
l’OBIETTIVO DI STUDIO era confrontare gli effetti dei programmi di allenamento a lungo termine che coinvolgono gli esercizi di front squat o hip thrust in atleti maschi adolescenti.
Cosa è stato misurato:
Front Squat 3RM
Hip Thrust 3RM
Tempi di sprint di 10m e 20m
Altezza di salto verticale
Forza di trazione isometrica a metà coscia
ALLENAMENTO: 2 allenamenti a settimana per 6 settimane. Il gruppo allenato con Front Squat ha fatto di 4 serie di squat frontali. Il gruppo allenato con Hip Thrust ha fatto 4 serie di hip thrust.
I RISULTATI
L’allenamento con hip thrust ha favorito l’aumento delle performance nei test di forza ad orientamento orizzontale. L’allenamento con front squat ha invece favorito l’aumento delle performance nei test di forza ad orientamento verticale. Questo supporta la teoria dell’importanza del “vettore della forza” nel transfer dall’allenamento alla performance sportiva.
Quindi in conclusione, il vettore di forza (verticale o orizzontale) produce specifici guadagni di forza a causa delle differenze
(1) nella forza angolo-specifica dell’articolazione (range di movimento) e
(2) in quali gruppi muscolari sono stati allenati dall’esercizio.
E’ bene tenere a mente che qualsiasi allenamento, purchè gestito in maniera corretta, produrrà degli adattamenti fisici in grado di migliorare quei parametri che sono stati sottoposti all’allenamento, ad esempio la forza è uno di questi parametri, così come la velocità, la resistenza e altro. Per questi motivi ogni allenamento risulta essere specifico per una determinata qualità fisica.
La ricerca di Schoenfeld et al. (2015) qui presentata mostra come allenarsi con alti carichi produca un maggiore incremento della forza massima rispetto a delle sessioni di allenamento con bassi carichi, i quali a loro volta produrranno invece un maggior incremento nella resistenza muscolare. Lo scopo della ricerca è proprio quello di misurare le variazione nelle dimensioni muscolari, nella forza e nella endurance muscolare in soggetti maschi allenati. Il protocollo di ricerca prevedeva 3 allenamenti a settimana per 8 settimane utilizzando 3 serie di 7 esercizi ognuno dei quali portati a cedimento muscolare. I soggetti esaminati sono stati suddivisi in due gruppi, uno dei quali si allenava con pesi intorno al 25-30% del 1rm mentre l’altro gruppo utilizzava carichi di circa il 70-80% del 1rm.
A conclusione del lavoro, come sotto riportato, sono state analizzate le variazioni del 1rm di bench press e squat, nello spessore del muscolo quadricipite e dei muscoli flessori del gomito e la resistenza muscolare con il 50% del 1rm alla bench press.
Come ormai possiamo intuire i risultati sono stati in linea con le previsioni, ovvero il gruppo che si è allenato utilizzando alti carichi di lavoro ha ottenuto un maggiroe aumento della forza massima negli esercizi di bench press e di squat, mentre solamente chi si è allenato con bassi carichi (30-50% del 1rm) ha ottenuto un aumento dell’endurance muscolare alla bench press. Da notare inoltre come per entrambi i gruppi i guadagni nelle dimensioni del muscolo quadricipite e dei muscoli flessori del gomito siano stati simili e non presentino differenze di rilievo.
Queste variazioni sono probabilmente dovute ai seguenti fattori:
Maggiori guadagni in forza massima con carichi pesanti probabilmente si verificano a causa di aumenti più rilevanti nella coordinazione inter-muscolare negli esercizi multi-articolari, maggiori aumenti nella trasmissione della forza laterale, maggiori aumenti nell’azionamento neuronale e maggiori aumenti nella stiffness teninea.
Maggiori guadagni nell’endurance muscolare possono verificarsi con carichi più leggeri a causa di maggiori miglioramenti nella capillarizzazione, cambiamenti nella capacità di buffering e nell’ottimizzazione del tasso di trasporto di ioni (Na+, K+, Ca²+).
Come anticipato siamo giunti alla conclusione di questo mastodontico articolo sulle correlazioni tra forza ed ipertrofia, se avete coraggio da vendere potete leggere tutto l’articolo a puntate (qui trovate i vari episodi parte 1 – parte 2 – parte 3 – parte 4 – parte 5 – parte 6 – parte 7). Per concludere facciamo un quadro generale delle evidenze emerse.
Sicuramente la massa muscolare influenza la forza, ma con altrettanta certezza non costituisce la determinante della forza tra più individui, e quindi l’ipertrofia non è l’unico fattore che influenza i guadagni di forza. C’è una massiccia variazione tra persone diverse per quanto concerne i fattori che influenzano direttamente la forza, come ad esempio NMF e lunghezze del braccio del momento muscolare. In più, con l’allenamento qualcuno guadagna in forza molto più velocemente di altri, indipendentemente dall’ipertrofia, grazie ai cambiamenti variabili in NMF e nell’abilità di apprendere e perfezionare gli esercizi.
Nel corso di una carriera di allenamento guadagniamo più forza che massa muscolare perché c’è una moltitudine di fattori che possono contribuire all’accrescimento della forza più che a quello della massa, di conseguenza è logico che i guadagni in forza superino quelli muscolari.
Il contributo diretto dell’ipertrofia alla forza con tutta probabilità aumenta con l’esperienza di allenamento, man mano che gli adattamenti che avvengono più rapidamente (come l’acquisizione di abilità e i cambiamenti di NMF) giocano un ruolo sempre minore nei guadagni di forza. Dal momento che la forza è altamente specifica, probabilmente guadagneremo più forza allenandoci pesantemente piuttosto che con leggerezza, anche se presumibilmente metteremo su massa più o meno allo stesso ritmo a prescindere dal carico (dando per scontato che il volume corrisponda).
Di qui, mettere su massa probabilmente ci renderà più forti, ma sicuramente aumenterà la nostra forza potenziale. Una versione di noi con più muscoli avrà il potenziale di sollevare di più rispetto a una nostra versione con meno massa, anche se potremmo essere capaci di sollevare di più rispetto a qualcuno con molti più muscoli o, al contrario, potremmo essere battuti da qualcuno molto meno muscoloso.
Se il nostro obiettivo è massimizzare i guadagni di forza a lungo termine, allora dovremmo puntare a costuire più massa possibile durante il nostro percorso.
Ecco l’ultima parte dell’articolo di Greg Nuckols, seguiranno solamente le conclusioni nel rpossimo articolo (se volete leggere le altre parti, le troverete qua: parte 1 – parte 2 – parte 3 – parte 4 – parte 5 – parte 6).
Al momento i dati più validi che abbiamo a disposizione per esaminare la relazione tra forza e massa muscolare vengono da uno studio sui powerlifters e uno sui weightlifters d’elite.
Nel caso dei vari Mario&Maria di tutti i giorni, emerge tutta la variabilità che abbiamo discusso fino a questo momento: variabilità nella Forza Muscolare Normalizzata (NMF), nei bracci del momento muscolare, nella propensione a padroneggiare le abilità motorie etc. Gli atleti d’elite non sono affatto identici, ma è plausibile pensare che siano stati in buone mani per quanto riguarda la maggioranza di quei fattori contraddittori.
C’è ancora variabilità nei fattori che possono influenzare la forza indipendentemente dalla massa muscolare, ma di sicuro in misura inferiore. Questa relativa omogeneità (ognuno ha un buon sorteggio generico per quanto riguarda tutti i fattori che contribuiscono alla forza, o almeno relativamente alla maggior parte di questi) ci offre la prospettiva migliore che possiamo avere sulla relazione tra massa muscolare e forza, tenendo conto di tutti gli altri fattori nel miglior modo possibile nello scenario del “mondo reale”. Brechue e Abe hanno scoperto che nel caso dei powerlifters la correlazione tra la forza in uno dei sollevamenti e quella nello spessore dei muscoli motori primari impiegati nel sollevamento (esempio: forza di squat e spessore del quadricipite oppure bench press e spessore del tricipite) era perlopiù r=0.8-0.95. In più, la correlazione tra la forza nei tre sollevamenti e FFM (Free Fat Mass – massa magra) o FFM/cm era di r=0.86-0.95 – in questo modo lo spessore muscolare dei motori primari spiega circa il 65-90% della variazione in forza, mentre FFM o FFM/cm rende conto del 75-95% circa. La relazione tra la forza di squat e FFM/cm può essere osservata sotto:
Uno studio simile condotto da Siahkouhian e Hedayatneja su giovani weightlifters d’elite ha rilevato che la correlazione tra massa magra e forza di squat, front squat, snatch e clean&jerk oscillava tra r=0.836 e r=0.897, stando a significare che la variazione della massa magra può spiegare circa il 70-80% della variazione in quei sollevamenti.
In entrambi gli studi possiamo vedere che in quella che è la popolazione più omogenea che potessimo desiderare (ovvero con gli altri fattori che influenzano la forza il più possibile sotto controllo) la massa magra è decisamente legata alla forza.
Un articolo del 1956 di Lietzke aveva scoperto che tracciando i record mondiali di powerlifting in un grafico bilogaritmico (peso corporeo vs. peso sollevato), un trend lineare calzava quasi a pennello ai dati disponibili, con una pendenza dell’andamento risultante di .6748 (quasi identica alla pendenza di .667 che ci aspetteremmo nel campo teorico). Personalmente ho controllato gli attuali record mondiali di powerlifting e l’andamento risultante ha una pendenza di .677, con appena il 96% della variazione del peso sollevato spiegabile con la dimensione.
La correlazione tra i guadagni in massa muscolare e quelli in forza all’interno dello stesso individuo è probabilmente più forte della correlazione tra gli stessi fattori tra individui diversi (che è la relazione che è stata studiata fino a questo momento).
Per esempio, immaginiamo di avere braccio del momento muscolare e NMF favorevoli e di essere arrivati al punto in cui i cambiamenti in NMF e gli aumenti in abilità non giocano più un ruolo determinante nel guadagno di forza. Un nostro amico, dal canto suo, ha braccio del momento muscolare e NMF sfavorevoli, e il suo stato di training è praticamente uguale al nostro. Se guadagnamo tutti lo stesso ammontare di muscolatura durante lo stesso programma di allenamento, noi guadagneremo comunque più forza di lui grazie a questi fattori. Se aggiungiamo una trentina di altri amici con altri mix di bracci del momento muscolare e NMF, finiremo con una correlazione tra i guadagni in massa muscolare e i guadagni in forza ma la variazione nei bracci del momento muscolare e nell’NMF farà in modo che la correlazione non diventi mai troppo forte.
Ad ogni modo, se i nostri muscoli crescono del 5% e noi diventiamo più forti del 10% nel processo, allora se la massa muscolare cresce di un altro 5% all’interno dello stesso programma di allenamento con tutta probabilità la nostra forza aumenterà nuovamente di un altro 10% circa. Nella nostra individualità siamo molto meno “rumorosi” di un’intera popolazione, di qui possiamo immaginare che la nostra relazione personale tra guadagni muscolari e guadagni in forza possa essere più forte di quella osservabile in un gruppo più grande.
Stiamo giungendo alla conclusione di questo imponente articolo a puntate sulla forza muscolare (gli altri episodi potete leggerli qui: parte 1 – parte 2 – parte 3 – parte 4 – parte 5). Trattiamo a questo punto la relazione che intercorre tra ipertrofia e guadagni in termini di forza.
La relazione tra guadagno in forza e guadagno in dimensioni
A questo punto dovrebbe essere chiaro che c’è una moltitudine di fattori che influenzano la forza al di là della semplice dimensione del muscolo. La sezione trasversale del muscolo generalmente spiega circa metà della variabilità, ma tanti altri fattori possono giocare un ruolo, dalla tensione specifica delle fibre muscolari ai bracci dei momenti muscolari, all’architettura, alla Forza Muscolare Normalizzata (NMF) fino all’apprendimento delle abilità.
Dal momento che l’NMF aumenta con l’allenamento, i bracci del momento muscolare tendono ad allungarsi con l’esercizio, e l’acquisizione delle abilità può giocare un ruolo determinante nello sviluppo della forza (specialmente nel caso di movimenti più complessi, nonostante l’apprendimento delle abilità possa impattare anche su cose semplici come un’estensione unilaterale del ginocchio), il fatto che in una carriera di allenamento si guadagni più forza che massa muscolare ha molto più senso.
In più, c’è una grande variabilità nella capacità di alcuni di questi fattori di rispondere al training, specialmente l’NMF e l’acquisizione delle abilità. In aggiunta, i bracci del momento muscolare variano da persona a persona e possono influenzare l’output di forza indipendentemente dalla forza contrattile muscolare. Così, dovrebbe essere chiaro perché alcune persone con meno muscoli sono capaci di sollevare più di quanto facciano individui con più massa.
Ora spostiamo l’attenzione su un’altra questione: dal momento che la massa muscolare non è l’unico fattore a influenzare la forza, quanto può un guadagno in massa influenzare il guadagno in termini di forza?
Sorprendentemente, non ci sono molti studi che esaminano questa relazione.
Il primo, uno studio recente di Ahtiainen, ha rilevato che non c’è alcuna correlazione essenziale tra il guadagno di massa nei quadricipiti e il guadagno di forza nella leg press dopo 5-6 mesi di allenamento somministrati a una popolazione eterogenea (maschi e femmine di età compresa tra i 19 e i 78 anni). Il coefficiente di correlazione era soltanto r=0.157, ovvero solo il 2,5% della variazione della forza poteva essere spiegato dal guadagno in massa muscolare.
Un altro studio di 9 settimane portato avanti da Erskine ha usato un gruppo omogeneo di persone non allenate (maschi tra i 18 e i 39 anni) e ha scoperto che la relazione tra il guadagno muscolare e quello in termini di forza dipende dal modo in cui forza e massa muscolare vengono misurate.
L’area della sezione trasversale fisiologica (la linea verde) è l’area della sezione trasversale del muscolo perpendicolare alle fibre muscolari stesse e l’area della sezione trasversale anatomica – ACSA (linea blu) – è l’area della sezione trasversale dell’intero muscolo nel suo punto più spesso.
Per esempio, la correlazione tra l’area di sezione trasversale fisiologica e la forza contrattile muscolare era pari soltanto a r=0.14, e la correlazione tra il massimo momento torcente all’estensione del ginocchio e il volume muscolare dei quadricipiti era solo di r=0.15. Entrambe queste correlazioni, deboli, stanno a significare che il cambiamento di massa spiega solo il 2% della variazione nel guadagno di forza.
Ad ogni modo, la correlazione tra gli aumenti nel massimo momento torcente all’estensione del ginocchio e gli aumenti in ACSA era pari a r=0.48, il che significa che circa il 23% dell’aumento di forza potrebbe essere spiegato da un aumento nella dimensione del muscolo.
Vale anche la pena ricordare che il fattore che si è messo più fortemente in correlazione con i guadagni di forza è l’aumento di NMF: r=0.79, che ci fa capire come gli aumenti di NMF possono spiegare circa il 62.4% della variazione nei guadagni di forza.
In un altro studio di Erskine, inizialmente i partecipanti non allenati hanno esercitato i flessori del gomito (ovvero hanno fatto curl) per tre settimane così da da facilitare qualsiasi adattamento neurologico precoce, sono stati fermi per sei settimane in modo da perdere ogni aumento muscolare che avrebbero potuto guadagnare nelle tre settimane di allenamento e poi hanno nuovamente allenato i flessori del gomito per dodici settimane.
I guadagni in volume muscolare durante il periodo di allenamento di 12 settimane sono entrati in correlazione con i guadagni in termini di forza: r=0.527 per i guadagni nella massima forza isometrica volontaria, e r=0.482 per aumenti nei curls dei bicipiti 1rm. Questo significa che tenendo conto dei primi precoci guadagni neurologici, i cambiamenti nel volume muscolare spiegavano circa il 23/27% della variazione nei guadagni di forza.
Finora ci sono soltanto due studi condotti su sollevatori di pesi allenati.
Il primo, condotto da Baker, ha coinvolto sollevatori con almeno sei mesi di allenamento all’attivo e che dovevano essere capaci almeno di 1 rep alla bench press con il proprio peso corporeo.
Nel corso delle 12 settimane di studio, la correlazione tra i guadagni di massa magra (LBM – una buona approssimazione per la massa muscolare, dando per scontato che non ci siano cambiamenti macroscopici nei livelli di glicogeno nei muscoli o nello stato di idratazione) e i guadagni nella forza espressa in squat e bench press è stata rispettivamente di r=0.59 e r=68, e “una correlazione multipla tra i cambiamenti nella forza di squat e bench press e quelli in LBM ha rivelato una relazione anche più forte (r=0.81, r2=0.65), il che suggerisce che i cambiamenti di LBM sono i principali fattori dell’accrescimento di forza massima in atleti di questo livello”.
In altre parole, i guadagni in massa magra hanno spiegato circa il 35% della variazione in squat, il 46% della variazione in bench e il 65% del guadagno in entrambi i sollevamenti combinati.
Il secondo studio, di Appleby, ha scoperto che in un periodo di due anni i guadagni nell’indice di massa magra – LMI (LBM diviso per il quadrato dell’altezza – come il BMI, soltanto con la massa magra al posto di quella totale) – entrava fortemente in correlazione con i guadagni di forza negli squat (r=0.692-0.880), ma non con quelli della forza nella bench press (r=0.244-0.314), il che significa che il guadagno in LMI spiega circa il 48-77% dei guadagni in termini di forza di squat, ma soltanto il 6-10% della variazione di forza in bench press.
Forse potevamo attenderci la forte relazione tra i cambiamenti di LMI e quelli negli squat 1rm a dispetto di quella (assente) tra i cambiamenti di LMI e quelli di forza in bench press, dal momento che lo squat testa la forza di una porzione molto più grande della massa muscolare. Ad ogni modo, questa scoperta in qualche modo contrasta con quella di Baker, secondo cui i cambiamenti di LBM dovrebbero prevedere guadagni di forza in bench press piuttosto che cambiamenti nella forza di squat.
Prendendo insieme i due studi, emerge chiaramente una tendenza: nel caso di una popolazione non allenata, la relazione tra il guadagno muscolare e quello in termini di forza è debole e tenue, ma non appena il grado di allenamento si alza, anche la relazione si rafforza. Dopo un periodo di adattamento di sole tre settimane la correlazione cresce fino a r~0.5, mentre la correlazione media vista negli studi di Baker e Appleby era già forte di suo.
A questo punto la prossima domanda logica diventa: c’è una qualche ragione per aspettarsi che la relazione si rafforzi nel tempo?
In realtà sì. Sopratutto all’inizio di un programma di allenamento, i guadagni in forza superano di gran lunga quelli in massa muscolare. Di fatto, molti studi mostrano aumenti piccoli o nulli nella massa entro le prime quattro o sei settimane di allenamento (e gli studi che mostrano ipertrofia precoce possono essere stati confusi da stati muscolari di gonfiore o infiammazione), mentre il guadagno di forza inizia dal primo giorno. Le due spiegazioni più plausibili sono i guadagni precoci nell’abilità motoria (che matura molto rapidamente durante le primissime sessioni di allenamento) e guadagni precoci in NMF. Ricorda: in questo studio gli aumenti precoci in NFM entravano in salda correlazione con i cambiamenti nella forza, dando conto per circa il 60/65% della variabilità nei guadagni di forza.
I dati di Narici lo mostrano in modo ottimale:
Come puoi vedere, dopo due mesi di allenamento la forza è cresciuta di circa il 15% mentre la massa muscolare solo del 5%. Dal momento che la misura della forza in questo caso era una contrazione isometrica (Maximum Voluntary Contraction – MVC), l’aumento sproporzionato di forza deve essere dovuto ad un aumento di NMF (sostanzialmente le persone hanno accesso a tutta la propria forza per un MVC anche quando non sono allenate, il che significa che l’apprendimento di abilità non gioca un ruolo troppo significativo in questo caso). Ad ogni modo, dopo il secondo mese forza e massa muscolare iniziano ad andare di pari passo, crescendo entrambe di circa il 5% ogni mese.
Quindi:
Sembra che la maggior parte dei cambiamenti in NMF abbia luogo entro i primi due mesi di allenamento.
I cambiamenti di NMF sono i più forti anticipatori dei primi cambiamenti nella forza.
C’è una considerevole variabilità nei cambiamenti di NMF (17±11%), il che significa che ci aspetteremmo guadagni di forza con lo stesso grado di variabilità indipendentemente dai cambiamenti nella massa muscolare.
Se teniamo conto delle differenze nell’acquisizione delle abilità e del ruolo che possono giocare nello sviluppo della forza nei movimenti più complessi, ci aspetteremmo anche più variabilità nei guadagni di forza indipendentemente dall’ipertrofia.
Pertanto, la mancanza di correlazione tra ipertrofia e guadagno di forza nel caso di partecipanti non allenati non dovrebbe sorprenderci.
Allo stesso modo, ha anche senso che la relazione si rafforzi con il tempo dopo la prima, rapida e variabile acquisizione di abilità motoria e dopo aver raggiunto gli aumenti in NMF. Una volta rimosse le due più grandi fonti di variabilità (o, almeno, una volta che il loro contributo all’aumento di forza diminuisce – NMF e acquisizione di abilità specifiche), ci aspetteremmo che la crescita muscolare sia un indicatore predittivo dei guadagni in forza.
Come è possibile intuire dal titolo e come abbiamo già discuso in altri articoli, l’incremento della forza è specifico al tipo di allenamento eseguito.
Per questo motivo presento qui una ricerca di Vinke et al. che illustra come in seguito ad un allenamento di forza eseguito attraverso serie eccentriche, il guadagno della forza eccentrica sia stato considerevole a differenza del guadagno di forza eccentrica avuto in seguito ad allenamenti effettuati in modalità concentrica.
L’obiettivo dello studio era quello di comparare gli effetti dell’allenamento a lungo termine effettuato attraverso azioni muscolari concentriche (CON) o eccentriche (ECC) sui cambiamenti di forza e di volume del muscolo allenato. L’allenamento a cui sono stati sottoposti i pazienti consistevano in 2/3 allenamenti a settimana per 12 settimane, le sedute di allenamento prevedevano 3/5 serie da 4/8 ripetizioni di curl bicipiti ai cavi.
A coloro che si allenavano con azioni muscolari concentriche veniva chiesto di vollevari il carico alla massima velocità possibile, chi si allenava in modalità eccentrica invece doveva eseguire la fase eccentrica in 3/4 secondi.
I risultati mostrano come chi si è addestrato con l’allenamento della forza eccentrica ha ottenuto un maggiore incremento della forza eccentrica rispetto a coloro che si sono allenati in modalità concentrica e viceversa. Sia l’allenamento eccentrico che quello concentrico hanno aumentato la forza concentrica in misura simile (14 vs 18%), mentre l’allenamento eccentrico ha portato a un aumento maggiore della forza eccentrica rispetto a un allenamento concentrico (26 vs 9%).
Inoltre la sezione trasversale del gruppo muscolare allenato è stata incrementata solo nel gruppo di allenamento eccentrico, in sostanza solamente il gruppo allenato in modalità eccentrica ha dimostrato un guadagno in termini ipertrofici. Questi risultati suggeriscono che nel gruppo ECC, i guadagni in 1RM concentrico e la velocità angolare massima erano ampiamente mediati dall’ipertrofia, mentre la forza eccentrica aumentava in funzione sia dell’ipertrofia sia degli adattamenti neurali. Nel gruppo CON, i guadagni in forza e velocità erano probabilmente principalmente il risultato di adattamenti neurali.
Ormai è un dato assodato che la forza sia una capacità condizionale specifica, ossia se io mi alleno per poter aumentare l’espressione di forza di un determianto gruppo muscolare, l’incremento di forza che otterrò sarà molto probabilmente limitato alle modalità con cui ho svolto il mio allenamento. Se mi allenao nello squat otterrò migliori risultati nello squat ma non necessariamente sarò un migliore sprinter, lanciatore o altro, per questo motivo l’allenamento della forza deve prevedere anche pattern motori il più simili possibile ai gesti sport specifici.
Andiamo a vedere alcune considerazioni e fattori che influenzano gli incrementi della forza:
Il tipo di carico esterno: il tipo di carico esterno causa guadagni di forza specifici in base alla velocità e all’ampiezza del movimento (Range of Motion – ROM), ciò a causa delle differenze nel picco di contrazione e della velocità di spostamento del carico tra carichi costanti (tipo bilancieri) e resistenze variabili (ad esmpio gli elastici).
Il vettore della forza: il vettore della forza causa incrementi di forza specifici al ROM e alla muscolatura coinvolta, questo a causa dei differenti picchi di forza ma anche dei diversi pattern motori, come possiamo leggere qui.
I gruppi muscolari: i singoli muscoli rispondono agli allenamenti di forza incrementando il loro volume. Questo aspetto è specifico del muscolo coinvolto nell’allenamento e non coinvolge tutto il corpo nella sua interezza.
La stabilità: l’allenamento della forza su superfici instabili o con strumenti instabili causerà un proporzionale incremento della forza su superfici instabili o con strumenti instabili, viceversa vale la stessa cosa se effettuata su superfici stabili o attraverso attrezzature stabili (tipo macchinari).
Il ROM: se la forza viene allenata sfruttando l’intero ROM articolare, la forza sarà aumentata in tutto l0arco di movimento utilizzato in allenamento, mentre se nelle sedute di allenamento si utilizzano ROM parziali i guadagni di forza saranno relativi solamente ai gradi di movimento articolare esercitati durante il training. E’ possibile sfruttare a proprio vantaggio questa condizione ad esempio nella preparazione atletica, come illustrato qui.
Forza o Resistenza: L’allenamento effettuato con alti carichi porterà ad un incremento della massima forza, mentre allenamenti effettuati con carichi leggeri e portati a cedimento muscolare condurranno a migliori prestazioni nell’ambito della resistenza muscolare alla forza (come spiegato qui).
La Velocità: l’allenamento ad alte velocità porta ad un incremento della forza esplicitata ad alte velocità, così come l’allenamento della forza a basse velocità incrementerà l’espressione di forza a basse velocità.
La modalità di contrazione muscolare: l’allenamento eseguito in modalità eccentrica favorisce lo sviluppo di forza in fase eccentrica (come è possbile leggere qui), la stessa cosa varrà ovviamente se l’allenamento è eseguito in modalità concentrica o isometrica.
In conclusione possiamo affermare che l’incremento della forza è strettamente dipendente dalle modalità attraverso cui tale capacità viene condizionata, per cui bisognerà tenerne conto in fase di preparazione atletica o di recupero dagli infortuni al fine di massimizzare l’effetto richiesto.
In questa quinta parte (le altre le trovate qui: parte 1 – parte 2 – parte 3 – parte 4) vedremo come le abilità tecniche possano influenzare in maniera importante i guadagni di forza specifica per i gesti sportivi e non, ad esempio se mi esercito nelle distensioni con bilanciere alla panca piana otterrò un incremento della mia forza in questo esercizio, ma non necessariamente una migliore performance sportiva o in altri tipi di esercizi.
Apprendimento delle abilità
E’ difficile quantificare l’effetto che l’apprendimento delle abilità ha sul guadagno di forza.
I guadagni di forza sono specifici dell’azione muscolare (concentrica/eccentrica/isometrica), velocità di movimento, Range of Motion (ROM), tipo di carico esterno (costante/variabile) e grado di stabilità. I cambiamenti dell’architettura muscolare potrebbero avere un ruolo in alcune di queste grandezze (in special modo l’azione muscolare e ROM), ma la maggior parte delle differenze possono essere attribuite con più probabilità al sistema nervoso che impara come ottimizzare la produzione di forza sulla base delle esigenze di un determinato movimento.
Ecco un esempio davvero semplice:
Questo studio di Mitchell viene spesso utilizzato come esempio perfetto per illustrare il principio di specificità. Questo esamina l’effetto del training pesante (80% 1rm) contro il training leggero (30% 1rm) utilizzando estensioni del ginocchio unilaterali.
Una condizione è rappresentata da 3 serie a cedimento muscolare al 30% 1rm, un’altra da 1 serie a cedimento all’80%, e l’ultima condizione erano 3 serie a cedimento all’80%.
Quello che viene tendenzialmente riportato è quello che segue: l’1rm aumenta maggiormente nelle due condizioni all’80% che in quella al 30%, portandoci alla conclusione affatto sorprendente che carichi pesanti tendono a causare guadagni di forza maggiori rispetto ai carichi leggeri. In più, il numero di ripetizioni che può essere completato al 30% di 1rm cresce al suo massimo nel gruppo che si allena al 30%, dimostrando che la resistenza della forza tende a crescere di più con il training leggero.
Ecco cos’è che generalmente non viene riportato: la massima forza di contrazione isometrica volontaria, il massimo output di potenza e il tasso di sviluppo della forza crescono dello stesso ammontare in tutte e tre le condizioni precedenti.
Quando la forza viene testata attraverso il carico massimale diretto (1rm), le condizioni all’80% producono risultati migliori probabilmente perchè fare ripetizioni eccentriche e concentriche complete all’80% è più simile a un test 1rm di come lo è fare le stesse contrazioni al 30%. Ad ogni modo, quando si produce la maggior forza isometrica possibile o quando si produce il massimo della potenza, il carico non sembra avere impatto, probabilmente perché nessuna delle condizioni di allenamento sono simili ad un test MVC o a un test di potenza massima.
In altre parole, anche affrontando qualcosa di semplice come l’estensione del ginocchio unilaterale siamo probabilmente di fronte agli effetti dell’apprendimento di abilità. 1rm è cresciuto di più nelle condizioni di training all’80%, anche se il “vero” output massimo di forza (valutato dalla massima contrazione isometrica che consente alle persone di esercitare quasi tutta la forza di cui sono capaci) si è alzato dello stesso ammontare in tutti i tre gruppi.
L’impatto dell’apprendimento di abilità sarebbe probabilmente più ampio in un movimento più complesso come squat, bench press, deadlift, clean and jerk, snatch etc.
Per esempio so che il mio squat 1rm è cresciuto di circa 5 volte da quando ho iniziato ad allenarmi, mentre il peso che posso utilizzare per le estensioni dei tricipiti con manubri è soltanto raddoppiato.
L’acquisizione di abilità può aiutare a gettare luce su entrambi i nostri rompicapo: se guadagnare in abilità può aiutarci a sollevare più peso, ci aiuta anche a spiegare perché durante una carriera di allenamento abbiamo più capacità di guadagnare forza che massa muscolare. In più, senza dubbio c’è variabilità nella meticolosità con la quale si può padroneggiare un esercizio, il che aiuta a spiegare come una persona minuta ma più competente può sollevare pesi maggiori di un individuo più grosso ma meno abile.
Affrontiamo in questa quarta parte (le altre le trovate qui: parte 1 – parte 2 – parte 3), le variabili antropometriche che influiscono sulla determinazione della forza.
Antropometria: effetti sulle esigenze a livello articolare per l’espressione della forza
In precedenza abbiamo trattato i fattori che influenzano quanta forza può produrre un muscolo (sia in relazione alla dimensione e all’architettura che indipendentemente da queste) e il modo in cui tale forza può essere tradotta in momenti articolari (attraverso variazioni e cambiamenti nei bracci di momento muscolare).
In aggiunta a questi fattori, il modo in cui sei fatto – cioè la tua antropometria – può influenzare l’ammontare di peso che puoi sollevare indipendentemente dalla tua capacità di produrre ampi momenti articolari.
Prendiamo ad esempio gli squat – la somma netta dei momenti di estensione di ginocchio e anca necessaria a sollevare un peso può essere approssimata con la seguente equazione: somma netta dei momenti estensori richiesti a ginocchio + anca = carico X lunghezza del femore X cos(angolo del femore). In altre parole, a una data profondità e con un dato carico, il fabbisogno totale della parte inferiore del corpo nello squat è determinato dalla lunghezza del tuo femore. Se i muscoli di due persone si contraggono con il medesimo ammontare di forza e con punti di ancoraggio identici, ma i femori della Persona A sono più lunghi del 20% rispetto a quelli del partner, la Persona B otterrà una forza nello squat maggiore del 20%.
Ora, nel mondo reale non c’è la tendenza a fare tutta questa gran differenza, poiché i punti di ancoraggio possono ridimensionare la lunghezza ossea nella media (in questo modo dalla persona con il femore più lungo del 20% ci si potrebbe aspettare un braccio del momento muscolare più lungo del 20%, negando di fatto la lunghezza femorale extra).
Non è del tutto chiaro se il caso sia o meno questo, dal momento che i sollevatori di pesi con un crural index (una tibia più lunga relativamente alla lunghezza del femore) maggiore tendono a fare squat sollevando di più rispetto a quanto sollevano powerlifters con un crural index inferiore, ma almeno la differenza tra le performances non è ampio quanto ci si aspetterebbe basandosi esclusivamente sull’antropometria.
Indipendentemente da qualsiasi altra cosa, le lunghezze dei segmenti corporei possono avere un grande impatto sulla performance, ma è meno chiara l’entità della differenza che possono fare nel mondo reale dal momento che le lunghezze dei segmenti e i bracci del momento muscolare potrebbero influenzarsi di pari passo riportandosi nella media.
Ad ogni modo l’antropometria può facilmente giocare una parte nello spiegare il nostro primo rompicapo (una persona più minuta che batte nel sollevamento un individuo più grosso) se il tipo più piccolo ha lunghezze di segmento favorevoli (ad esempio femori corti per lo squat o braccia corte per la panca) e il tizio corpulento invece è sfavorito dallo stesso punto di vista, ma entrambi hanno bracci del momento muscolare simili. D’altro canto, la tua antropometria non cambia con l’esercizio, per cui i fattori antropometrici non riescono a spiegare più di tanto lo sproporzionato aumento di forza che si acquisisce con l’allenamento.
L’obiettivo dello studio qui proposto è quello di comparare gli effetti dell’allenamento delle capacità di sprint nella corsa con o senza l’utilizzo di giubbetti zavorrati. Per indagare questo aspetto sono stati selezionati calciatori amatoriali e sono state misurate le loro performance riguardo gli sprint su brevi distanze e la repeated sprint ability (RSA – ovvero la capacità di effettuare sprint massimali con brevi pause).
I parametri presi in considerazione sono stati:
l’altezza di salto con contro movimento (CMJ), misurata attraverso la pedana di forza;
il tempo ottenuto in sprint di 10 e 30 metri, usando fotocellule ad infrarossi per la deterrminazione del tempo;
rigurado l’RSA è stato utilizzato un test composto da 6 sprint massimali di 25 metri con 25 secondi di repuero attivo e registrando poi la percentuale di decremento tra il tempo misurato ad ogni sprint e quello impiegato se lo sprint fosse stato condotto alla massima velocità possibile per il soggetto.
Tutti i soggetti si sono allenati 2 volte a settimana per 6 settimane. Ogni allenamento era composto da 1-4 serie di 3-7 ripetizioni ciascuna di sprint di 20 metri con 2 minuti di recupero tra le serie, per una distanza totale di 120-280 metri. I soggetti sono stati divisi in 2 gruppi, uno dei quali ha indossato giubbetti zavorrati (compresi tra il 18,9%±2,1% del proprio peso corporeo) durante le sessioni di allenamento per ogni sprint effettuato. Entrambi i gruppi hanno anche sostenuto 4 allenamenti di calcio a settimana.
I risultati hanno dimostrato che l’allenamento dello sprint sia con che senza giubbetti zavorrati ha prodotto circa gli stessi risultati in termini di incremento delle prestazioni. Entrambi i gruppi hanno ridotto i tempi sugli sprint lineari di 10 e 30 metri, il tempo medio, la velocità e il tempo totale di RSA. Nessuno dei due gruppi però ha migliorato la percentuale di decremento nell’altezza di salto con contromovimento (CMJ).
L’aggiunta di un giubbotto zavorrato non ha avuto alcun beneficio in termini di miglioramento delle performance rispetto allo stesso allenamento svolto senza di esso, ciò potrebbe essere dovuto al fatto che la direzione dell’applicazione della forza esercitata dal giubbetto zavorrato non è orizzontale ma verticale. La resistenza applicata, infatti, può essere sia orizzontale (uso di slitte zavorrate, paracaduti, elastici, …) che verticale (giubbetti zavorrati), e magari le capacità di sprint traggono maggior beneficio dall’applicazione di una resistenza orizzontale più congruente con il gesto specifico dello sprint.