Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (conclusioni)

Come anticipato siamo giunti alla conclusione di questo mastodontico articolo sulle correlazioni tra forza ed ipertrofia, se avete coraggio da vendere potete leggere tutto l’articolo a puntate (qui trovate i vari episodi parte 1 – parte 2 – parte 3 – parte 4 – parte 5 – parte 6parte 7). Per concludere facciamo un quadro generale delle evidenze emerse.

Sicuramente la massa muscolare influenza la forza, ma con altrettanta certezza non costituisce la determinante della forza tra più individui, e quindi l’ipertrofia non è l’unico fattore che influenza i guadagni di forza. C’è una massiccia variazione tra persone diverse per quanto concerne i fattori che influenzano direttamente la forza, come ad esempio NMF e lunghezze del braccio del momento muscolare. In più, con l’allenamento qualcuno guadagna in forza molto più velocemente di altri, indipendentemente dall’ipertrofia, grazie ai cambiamenti variabili in NMF e nell’abilità di apprendere e perfezionare gli esercizi.

Nel corso di una carriera di allenamento guadagniamo più forza che massa muscolare perché c’è una moltitudine di fattori che possono contribuire all’accrescimento della forza più che a quello della massa, di conseguenza è logico che i guadagni in forza superino quelli muscolari.

Il contributo diretto dell’ipertrofia alla forza con tutta probabilità aumenta con l’esperienza di allenamento, man mano che gli adattamenti che avvengono più rapidamente (come l’acquisizione di abilità e i cambiamenti di NMF) giocano un ruolo sempre minore nei guadagni di forza. Dal momento che la forza è altamente specifica, probabilmente guadagneremo più forza allenandoci pesantemente piuttosto che con leggerezza, anche se presumibilmente metteremo su massa più o meno allo stesso ritmo a prescindere dal carico (dando per scontato che il volume corrisponda).

Di qui, mettere su massa probabilmente ci renderà più forti, ma sicuramente aumenterà la nostra forza potenziale. Una versione di noi con più muscoli avrà il potenziale di sollevare di più rispetto a una nostra versione con meno massa, anche se potremmo essere capaci di sollevare di più rispetto a qualcuno con molti più muscoli o, al contrario, potremmo essere battuti da qualcuno molto meno muscoloso.

Se il nostro obiettivo è massimizzare i guadagni di forza a lungo termine, allora dovremmo puntare a costuire più massa possibile durante il nostro percorso.

Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (parte 7)

Ecco l’ultima parte dell’articolo di Greg Nuckols, seguiranno solamente le conclusioni nel rpossimo articolo (se volete leggere le altre parti, le troverete qua:  parte 1 – parte 2 – parte 3 – parte 4 – parte 5 – parte 6).

Al momento i dati più validi che abbiamo a disposizione per esaminare la relazione tra forza e massa muscolare vengono da uno studio sui powerlifters e uno sui weightlifters d’elite.
Nel caso dei vari Mario&Maria di tutti i giorni, emerge tutta la variabilità che abbiamo discusso fino a questo momento: variabilità nella Forza Muscolare Normalizzata (NMF), nei bracci del momento muscolare, nella propensione a padroneggiare le abilità motorie etc. Gli atleti d’elite non sono affatto identici, ma è plausibile pensare che siano stati in buone mani per quanto riguarda la maggioranza di quei fattori contraddittori.
C’è ancora variabilità nei fattori che possono influenzare la forza indipendentemente dalla massa muscolare, ma di sicuro in misura inferiore. Questa relativa omogeneità (ognuno ha un buon sorteggio generico per quanto riguarda tutti i fattori che contribuiscono alla forza, o almeno relativamente alla maggior parte di questi) ci offre la prospettiva migliore che possiamo avere sulla relazione tra massa muscolare e forza, tenendo conto di tutti gli altri fattori nel miglior modo possibile nello scenario del “mondo reale”.
Brechue e Abe hanno scoperto che nel caso dei powerlifters la correlazione tra la forza in uno dei sollevamenti e quella nello spessore dei muscoli motori primari impiegati nel sollevamento (esempio: forza di squat e spessore del quadricipite oppure bench press e spessore del tricipite) era perlopiù r=0.8-0.95. In più, la correlazione tra la forza nei tre sollevamenti e FFM (Free Fat Mass – massa magra) o FFM/cm era di r=0.86-0.95 – in questo modo lo spessore muscolare dei motori primari spiega circa il 65-90% della variazione in forza, mentre FFM o FFM/cm rende conto del 75-95% circa. La relazione tra la forza di squat e FFM/cm può essere osservata sotto:

Uno studio simile condotto da Siahkouhian e Hedayatneja su giovani weightlifters d’elite ha rilevato che la correlazione tra massa magra e forza di squat, front squat, snatch e clean&jerk oscillava tra r=0.836 e r=0.897, stando a significare che la variazione della massa magra può spiegare circa il 70-80% della variazione in quei sollevamenti.

In entrambi gli studi possiamo vedere che in quella che è la popolazione più omogenea che potessimo desiderare (ovvero con gli altri fattori che influenzano la forza il più possibile sotto controllo) la massa magra è decisamente legata alla forza.

Un articolo del 1956 di Lietzke aveva scoperto che tracciando i record mondiali di powerlifting in un grafico bilogaritmico (peso corporeo vs. peso sollevato), un trend lineare calzava quasi a pennello ai dati disponibili, con una pendenza dell’andamento risultante di .6748 (quasi identica alla pendenza di .667 che ci aspetteremmo nel campo teorico). Personalmente ho controllato gli attuali record mondiali di powerlifting e l’andamento risultante ha una pendenza di .677, con appena il 96% della variazione del peso sollevato spiegabile con la dimensione.

La correlazione tra i guadagni in massa muscolare e quelli in forza all’interno dello stesso individuo è probabilmente più forte della correlazione tra gli stessi fattori tra individui diversi (che è la relazione che è stata studiata fino a questo momento).

Per esempio, immaginiamo di avere braccio del momento muscolare e NMF favorevoli e di essere arrivati al punto in cui i cambiamenti in NMF e gli aumenti in abilità non giocano più un ruolo determinante nel guadagno di forza. Un nostro amico, dal canto suo, ha braccio del momento muscolare e NMF sfavorevoli, e il suo stato di training è praticamente uguale al nostro. Se guadagnamo tutti lo stesso ammontare di muscolatura durante lo stesso programma di allenamento, noi guadagneremo comunque più forza di lui grazie a questi fattori. Se aggiungiamo una trentina di altri amici con altri mix di bracci del momento muscolare e NMF, finiremo con una correlazione tra i guadagni in massa muscolare e i guadagni in forza ma la variazione nei bracci del momento muscolare e nell’NMF farà in modo che la correlazione non diventi mai troppo forte.

Ad ogni modo, se i nostri muscoli crescono del 5% e noi diventiamo più forti del 10% nel processo, allora se la massa muscolare cresce di un altro 5% all’interno dello stesso programma di allenamento con tutta probabilità la nostra forza aumenterà nuovamente di un altro 10% circa. Nella nostra individualità siamo molto meno “rumorosi” di un’intera popolazione, di qui possiamo immaginare che la nostra relazione personale tra guadagni muscolari e guadagni in forza possa essere più forte di quella osservabile in un gruppo più grande.

Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (parte 6)

Stiamo giungendo alla conclusione di questo imponente articolo a puntate sulla forza muscolare (gli altri episodi potete leggerli qui: parte 1 – parte 2 – parte 3 – parte 4 – parte 5). Trattiamo a questo punto la relazione che intercorre tra ipertrofia e guadagni in termini di forza.

La relazione tra guadagno in forza e guadagno in dimensioni

A questo punto dovrebbe essere chiaro che c’è una moltitudine di fattori che influenzano la forza al di là della semplice dimensione del muscolo. La sezione trasversale del muscolo generalmente spiega circa metà della variabilità, ma tanti altri fattori possono giocare un ruolo, dalla tensione specifica delle fibre muscolari ai bracci dei momenti muscolari, all’architettura, alla Forza Muscolare Normalizzata (NMF) fino all’apprendimento delle abilità.

Dal momento che l’NMF aumenta con l’allenamento, i bracci del momento muscolare tendono ad allungarsi con l’esercizio, e l’acquisizione delle abilità può giocare un ruolo determinante nello sviluppo della forza (specialmente nel caso di movimenti più complessi, nonostante l’apprendimento delle abilità possa impattare anche su cose semplici come un’estensione unilaterale del ginocchio), il fatto che in una carriera di allenamento si guadagni più forza che massa muscolare ha molto più senso.

In più, c’è una grande variabilità nella capacità di alcuni di questi fattori di rispondere al training, specialmente l’NMF e l’acquisizione delle abilità. In aggiunta, i bracci del momento muscolare variano da persona a persona e possono influenzare l’output di forza indipendentemente dalla forza contrattile muscolare. Così, dovrebbe essere chiaro perché alcune persone con meno muscoli sono capaci di sollevare più di quanto facciano individui con più massa.

Ora spostiamo l’attenzione su un’altra questione: dal momento che la massa muscolare non è l’unico fattore a influenzare la forza, quanto può un guadagno in massa influenzare il guadagno in termini di forza?

Sorprendentemente, non ci sono molti studi che esaminano questa relazione.

Il primo, uno studio recente di Ahtiainen, ha rilevato che non c’è alcuna correlazione essenziale tra il guadagno di massa nei quadricipiti e il guadagno di forza nella leg press dopo 5-6 mesi di allenamento somministrati a una popolazione eterogenea (maschi e femmine di età compresa tra i 19 e i 78 anni). Il coefficiente di correlazione era soltanto r=0.157, ovvero solo il 2,5% della variazione della forza poteva essere spiegato dal guadagno in massa muscolare.

Un altro studio di 9 settimane portato avanti da Erskine ha usato un gruppo omogeneo di persone non allenate (maschi tra i 18 e i 39 anni) e ha scoperto che la relazione tra il guadagno muscolare e quello in termini di forza dipende dal modo in cui forza e massa muscolare vengono misurate.

L’area della sezione trasversale fisiologica (la linea verde) è l’area della sezione trasversale del muscolo perpendicolare alle fibre muscolari stesse e l’area della sezione trasversale anatomica – ACSA  (linea blu) – è l’area della sezione trasversale dell’intero muscolo nel suo punto più spesso.

Per esempio, la correlazione tra l’area di sezione trasversale fisiologica e la forza contrattile muscolare era pari soltanto a r=0.14, e la correlazione tra il massimo momento torcente all’estensione del ginocchio e il volume muscolare dei quadricipiti era solo di r=0.15. Entrambe queste correlazioni, deboli, stanno a significare che il cambiamento di massa spiega solo il 2% della variazione nel guadagno di forza.

Ad ogni modo, la correlazione tra gli aumenti nel massimo momento torcente all’estensione del ginocchio e gli aumenti in ACSA era pari a r=0.48, il che significa che circa il 23% dell’aumento di forza potrebbe essere spiegato da un aumento nella dimensione del muscolo.

Vale anche la pena ricordare che il fattore che si è messo più fortemente in correlazione con i guadagni di forza è l’aumento di NMF: r=0.79, che ci fa capire come gli aumenti di NMF possono spiegare circa il 62.4% della variazione nei guadagni di forza.

In un altro studio di Erskine, inizialmente i partecipanti non allenati hanno esercitato i flessori del gomito (ovvero hanno fatto curl) per tre settimane così da da facilitare qualsiasi adattamento neurologico precoce, sono stati fermi per sei settimane in modo da perdere ogni aumento muscolare che avrebbero potuto guadagnare nelle tre settimane di allenamento e poi hanno nuovamente allenato i flessori del gomito per dodici settimane.

I guadagni in volume muscolare durante il periodo di allenamento di 12 settimane sono entrati in correlazione con i guadagni in termini di forza: r=0.527 per i guadagni nella massima forza isometrica volontaria, e r=0.482 per aumenti nei curls dei bicipiti 1rm. Questo significa che tenendo conto dei primi precoci guadagni neurologici, i cambiamenti nel volume muscolare spiegavano circa il 23/27% della variazione nei guadagni di forza.

Finora ci sono soltanto due studi condotti su sollevatori di pesi allenati.

Il primo, condotto da Baker, ha coinvolto sollevatori con almeno sei mesi di allenamento all’attivo e che dovevano essere capaci almeno di 1 rep alla bench press con il proprio peso corporeo.

Nel corso delle 12 settimane di studio, la correlazione tra i guadagni di massa magra (LBM – una buona approssimazione per la massa muscolare, dando per scontato che non ci siano cambiamenti macroscopici nei livelli di glicogeno nei muscoli o nello stato di idratazione) e i guadagni nella forza espressa in squat e bench press è stata rispettivamente di r=0.59 e r=68, e “una correlazione multipla tra i cambiamenti nella forza di squat e bench press e quelli in LBM ha rivelato una relazione anche più forte (r=0.81, r2=0.65), il che suggerisce che i cambiamenti di LBM sono i principali fattori dell’accrescimento di forza massima in atleti di questo livello”.

In altre parole, i guadagni in massa magra hanno spiegato circa il 35% della variazione in squat, il 46% della variazione in bench e il 65% del guadagno in entrambi i sollevamenti combinati.

Il secondo studio, di Appleby, ha scoperto che in un periodo di due anni i guadagni nell’indice di massa magra – LMI (LBM diviso per il quadrato dell’altezza – come il BMI, soltanto con la massa magra al posto di quella totale) – entrava fortemente in correlazione con i guadagni di forza negli squat (r=0.692-0.880), ma non con quelli della forza nella bench press (r=0.244-0.314), il che significa che il guadagno in LMI spiega circa il 48-77% dei guadagni in termini di forza di squat, ma soltanto il 6-10% della variazione di forza in bench press.

Forse potevamo attenderci la forte relazione tra i cambiamenti di LMI e quelli negli squat 1rm a dispetto di quella (assente) tra i cambiamenti di LMI e quelli di forza in bench press, dal momento che lo squat testa la forza di una porzione molto più grande della massa muscolare. Ad ogni modo, questa scoperta in qualche modo contrasta con quella di Baker, secondo cui i cambiamenti di LBM dovrebbero prevedere guadagni di forza in bench press piuttosto che cambiamenti nella forza di squat.

Prendendo insieme i due studi, emerge chiaramente una tendenza: nel caso di una popolazione non allenata, la relazione tra il guadagno muscolare e quello in termini di forza è debole e tenue, ma non appena il grado di allenamento si alza, anche la relazione si rafforza. Dopo un periodo di adattamento di sole tre settimane la correlazione cresce fino a r~0.5, mentre la correlazione media vista negli studi di Baker e Appleby era già forte di suo.

A questo punto la prossima domanda logica diventa: c’è una qualche ragione per aspettarsi che la relazione si rafforzi nel tempo?

In realtà sì. Sopratutto all’inizio di un programma di allenamento, i guadagni in forza superano di gran lunga quelli in massa muscolare. Di fatto, molti studi mostrano aumenti piccoli o nulli nella massa entro le prime quattro o sei settimane di allenamento (e gli studi che mostrano ipertrofia precoce possono essere stati confusi da stati muscolari di gonfiore o infiammazione), mentre il guadagno di forza inizia dal primo giorno. Le due spiegazioni più plausibili sono i guadagni precoci nell’abilità motoria (che matura molto rapidamente durante le primissime sessioni di allenamento) e guadagni precoci in NMF. Ricorda: in questo studio gli aumenti precoci in NFM entravano in salda correlazione con i cambiamenti nella forza, dando conto per circa il 60/65% della variabilità nei guadagni di forza.

I dati di Narici lo mostrano in modo ottimale:

Come puoi vedere, dopo due mesi di allenamento la forza è cresciuta di circa il 15% mentre la massa muscolare solo del 5%. Dal momento che la misura della forza in questo caso era una contrazione isometrica (Maximum Voluntary Contraction – MVC), l’aumento sproporzionato di forza deve essere dovuto ad un aumento di NMF (sostanzialmente le persone hanno accesso a tutta la propria forza per un MVC anche quando non sono allenate, il che significa che l’apprendimento di abilità non gioca un ruolo troppo significativo in questo caso). Ad ogni modo, dopo il secondo mese forza e massa muscolare iniziano ad andare di pari passo, crescendo entrambe di circa il 5% ogni mese.

Quindi:

  1. Sembra che la maggior parte dei cambiamenti in NMF abbia luogo entro i primi due mesi di allenamento.
  2. I cambiamenti di NMF sono i più forti anticipatori dei primi cambiamenti nella forza.
  3. C’è una considerevole variabilità nei cambiamenti di NMF (17±11%), il che significa che ci aspetteremmo guadagni di forza con lo stesso grado di variabilità indipendentemente dai cambiamenti nella massa muscolare.
  4. Se teniamo conto delle differenze nell’acquisizione delle abilità e del ruolo che possono giocare nello sviluppo della forza nei movimenti più complessi, ci aspetteremmo anche più variabilità nei guadagni di forza indipendentemente dall’ipertrofia.

Pertanto, la mancanza di correlazione tra ipertrofia e guadagno di forza nel caso di partecipanti non allenati non dovrebbe sorprenderci.

Allo stesso modo, ha anche senso che la relazione si rafforzi con il tempo dopo la prima, rapida e variabile acquisizione di abilità motoria e dopo aver raggiunto gli aumenti in NMF. Una volta rimosse le due più grandi fonti di variabilità (o, almeno, una volta che il loro contributo all’aumento di forza diminuisce – NMF e acquisizione di abilità specifiche), ci aspetteremmo che la crescita muscolare sia un indicatore predittivo dei guadagni in forza.

Continua…

Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (parte 4)

Affrontiamo in questa quarta parte (le altre le trovate qui: parte 1parte 2parte 3), le variabili antropometriche che influiscono sulla determinazione della forza.

Antropometria: effetti sulle esigenze a livello articolare per l’espressione della forza

In precedenza abbiamo trattato i fattori che influenzano quanta forza può produrre un muscolo (sia in relazione alla dimensione e all’architettura che indipendentemente da queste) e il modo in cui tale forza può essere tradotta in momenti articolari (attraverso variazioni e cambiamenti nei bracci di momento muscolare).

In aggiunta a questi fattori, il modo in cui sei fatto – cioè la tua antropometria – può influenzare l’ammontare di peso che puoi sollevare indipendentemente dalla tua capacità di produrre ampi momenti articolari.

Prendiamo ad esempio gli squat – la somma netta dei momenti di estensione di ginocchio e anca necessaria a sollevare un peso può essere approssimata con la seguente equazione: somma netta dei momenti estensori richiesti a ginocchio + anca = carico X lunghezza del femore X cos(angolo del femore). In altre parole, a una data profondità e con un dato carico, il fabbisogno totale della parte inferiore del corpo nello squat è determinato dalla lunghezza del tuo femore. Se i muscoli di due persone si contraggono con il medesimo ammontare di forza e con punti di ancoraggio identici, ma i femori della Persona A sono più lunghi del 20% rispetto a quelli del partner, la Persona B otterrà una forza nello squat maggiore del 20%.

Ora, nel mondo reale non c’è la tendenza a fare tutta questa gran differenza, poiché i punti di ancoraggio possono ridimensionare la lunghezza ossea nella media (in questo modo dalla persona con il femore più lungo del 20% ci si potrebbe aspettare un braccio del momento muscolare più lungo del 20%, negando di fatto la lunghezza femorale extra).

Non è del tutto chiaro se il caso sia o meno questo, dal momento che i sollevatori di pesi con un crural index (una tibia più lunga relativamente alla lunghezza del femore) maggiore tendono a fare squat sollevando di più rispetto a quanto sollevano powerlifters con un crural index inferiore, ma almeno la differenza tra le performances non è ampio quanto ci si aspetterebbe basandosi esclusivamente sull’antropometria.

Indipendentemente da qualsiasi altra cosa, le lunghezze dei segmenti corporei possono avere un grande impatto sulla performance, ma è meno chiara l’entità della differenza che possono fare nel mondo reale dal momento che le lunghezze dei segmenti e i bracci del momento muscolare potrebbero influenzarsi di pari passo riportandosi nella media.

Ad ogni modo l’antropometria può facilmente giocare una parte nello spiegare il nostro primo rompicapo (una persona più minuta che batte nel sollevamento un individuo più grosso) se il tipo più piccolo ha lunghezze di segmento favorevoli (ad esempio femori corti per lo squat o braccia corte per la panca) e il tizio corpulento invece è sfavorito dallo stesso punto di vista, ma entrambi hanno bracci del momento muscolare simili. D’altro canto, la tua antropometria non cambia con l’esercizio, per cui i fattori antropometrici non riescono a spiegare più di tanto lo sproporzionato aumento di forza che si acquisisce con l’allenamento.

Continua…

Quanto è importante la crescita muscolare per l’incremento della forza? (parte 3)

Prosegue il tentativo di traduzione dell’articolo di Greg Nuckols sulla relazione tra ipertrofia e forza muscolare, di seguito ecco la terza parte (parte 1parte 2).

Il muscolo e le singole articolazioni

Sono tre i fattori primari che determinano il momento di forza che un muscolo può produrre in corrispondenza di un’articolazione:

1. La massima forza contrattile che un muscolo può esercitare su un osso. La massima forza contrattile dipende dalla dimensione del muscolo stesso, ovvero potenzialmente dall’architettura muscolare, e dall’ammontare della forza che può produrre per unità di misura.

2. Se il sistema nervoso può o meno attivare adeguatamente tutte o la maggior parte delle unità motorie nel muscolo e sopprimere l’attivazione dei muscoli antagonisti.

3. I punti di inserzione dei muscoli.

Affronterò questi tre fattori all’inverso.

Punti di inserzione

Quando i muscoli si contraggono tirano contro le ossa, creando un momento fisico  sulle articolazioni che attraversano. L’ampiezza del momento dell’articolazione è determinato dalla forza di contrazione e dalla lunghezza del braccio del momento muscolare. Se metti a confronto due persone i cui muscoli si contraggono con lo stesso identico ammontare di forza, la persona con il braccio del momento muscolare più lungo sarà in grado di produrre un momento più grande sull’articolazione (se sei confuso sui momenti delle articolazioni dai un’occhiata a questo ripasso veloce)

C’è una variabilità coniderevole nei bracci del momento muscolare. Per esempio in questo studio il braccio del momento medio per i quadricipiti era 40.2±3.5mm. Se i quadricipiti di qualcuno si contraggono con una forza di 5000N e tali quadricipiti hanno un braccio del momento muscolare di 40.2mm, allora saranno capaci di produrre un momento estensore del finocchio pari a 201Nm. Se, invece, il braccio del momento muscolare è pari soltanto a 36.7mm (-1 di deviazione standard), i quadricipiti produrranno un momento estensore del ginocchio di soli 183.5Nm.

In altre parole, se metti a confronto due persone i cui quadricipiti hanno esattamente la stessa forza ma uno di loro ha un braccio del momento muscolare che è più grande del normale e l’altro ha un braccio del momento muscolare più corto del normale (un braccio del momento “fortunato” per la forza VS uno “sfortunato”, ma sicuramente non anomali), la persona con il braccio del momento muscolare più lungo sarà capace di produrre un momento estensore del ginocchio più grande del 19%.

La diversità nei bracci del momento muscolare non fa la differenza tra un qualsiasi Mario o una qualsiasi Maria e un atleta di fama mondiale, ma è stata comunque individuata come la causa di un 16/25% della variabilità della forza maschile nelle estensioni del ginocchio.

Inoltre, Delp ha dimostrato che differenze sul collocamento dell’articolazione dell’anca possono avere un grosso impatto sui bracci del momento muscolare di flessori, estensori, adduttori e abduttori dell’anca.

In più, man mano che i muscoli crescono, i loro bracci di momento muscolare tendono ad allungarsi nel processo in corrispondenza della maggior parte (non tutti) delle articolazioni e degli angoli articolari. Il punto di ancoraggio non cambia, ma cambia la linea di tiro e il centro del muscolo, dove questa attraversa l’articolazione (che è dove misureresti il braccio del momento muscolare), si allontana dal centro dell’articolazione.

Un recente studio di Andrew Vigotsky lo dimostra in modo affascinante:

La variabilità nei bracci del momento muscolare ci aiuta a spiegare il nostro primo indovinello (un ragazzo più piccolo che solleva più peso di uno più grosso), mentre l’allungamento dei bracci del momento muscolare tramite l’ipertrofizzazione ci aiuta a spiegare il nostro secondo dilemma (guadagnare sproporzionatamente più forza che massa muscolare nel corso della storia di training).

Attivazione muscolare

Tantissime persone credono nella teoria per cui in condizioni normali abbiamo accesso soltanto ad una parte della nostra forza, ma che quando la situazione lo richiede (ad esempio se vediamo una persona cara intrappolata sotto un’auto) abbiamo una riserva di forza extra che aspetta solo di essere sguinzagliata nel momento in cui nelle vene arriva abbastanza adrenalina.

Sfortunatamente, con tutta probabilità non è così.

In condizioni di laboratorio è possibile testare quanta della sua forza una persona è capace di sfruttare. Bisogna spingere la persona a produrre il massimo della forza che riesce (contrazione volontaria) e poi stimolare elettricamente il muscolo per forzare ogni singola fibra muscolare a contrarsi più forte che può (contrazione evocata).

Le contrazioni volontarie hanno quasi sempre la forza di almeno il 90% di quelle evocate, tipicamente il 95%. A volte, addirittura, le contrazioni volontarie sono forti tanto quanto quelle evocate, anche in persone non allenate. Semplicemente, non c’è tanto spazio per il miglioramento.

Dobbiamo tenere a mente che qui stiamo parlando di singoli gruppi muscolari – può essere vero che l’unità di assunzione motoria aumenti con l’esperienza di allenamento nei sollevamenti combinati.

Onestamente, non sono sicuro che questo sia stato studiato, o che possa essere studiato al di là dell’elettromiografia, che è un po’ più caotica di come pensi la maggior parte delle persone.

Mettere a confronto le contrazioni volontarie con quelle evocate per qualcosa come le curve isometriche o le estensioni del ginocchio è semplice, ma stimolare al massimo i quadricipiti di qualcuno, o i suoi glutei, o i suoi tendini posteriori del ginocchio, o i suoi adduttori mentre il soggetto sta tentando uno squat di 1RM sarebbe un disastro assicurato.

Ad ogni modo, quando abbiamo a che fare con la forza di un singolo muscolo o gruppo muscolare, non sembra che aumentare l’attivazione del muscolo possa far guadagnare tanta forza, anche perché la maggior parte delle persone attiva efficacemente i propri muscoli in primo luogo.

Massima forza contrattile – Quello che dipende dalla dimensione e dall’architettura

Il resto della variabilità non spiegata dalle variazioni nei bracci del momento e dalle (piccole) variazioni nell’attivazione muscolare deve essere spiegata dall’abilità intrinseca di un muscolo di produrre forza.

Ci sono tantissime cose che contribuiscono alla produzione di forza muscolare, inclusa la dimensione del muscolo (sezione trasversale anatomica, o ACSA), la sua architettura (lunghezza dei fasci e angoli di pennazione), il grado di attivazione muscolare (che probabilmente non ha grandi effetti per la maggior parte delle persone) e la tensione specifica personale delle singole fibre muscolari (come discusso in precedenza).

La correlazione tra ACSA e forza muscolare e/o momenti articolatori è tipicamente intorno a r=0.7-0.75, il che significa che la grandezza del muscolo spiega solo circa il 50% della variabilità nella produzione di forza. Altri fattori architetturali (come la lunghezza dei fasci e l’angolo di pennazione) non si collegano nemmeno così strettamente (r=0.3-0.45), spiegando solo il 10-20% della variazione.

Ad ogni modo, la lunghezza dei fasci e gli angoli di pennazione tendono ad aumentare con l’ipertrofia, così è meno chiaro se possano o meno influenzare indipendentemente la forza contrattile (e, in caso positivo, il loro contributo sarebbe comunque abbastanza debole: in realtà, Erskine ha dimostrato che i cambiamenti negli angoli di pennazione e nella lunghezza dei fasci potrebbe essere debolmente correlata in modo negativo al guadagno di forza).

Massima forza contrattile – Quello che non dipende dalla dimensione e dall’architettura

Quindi, dimensione muscolare e architettura spiegano appena il 50/70% delle variazioni nella forza contrattile del muscolo. Il resto, allora, dipende da fattori che hanno effetto sulla forza muscolare indipendentemente dalle dimensioni del muscolo.

C’è un concetto  capace di spiegarlo: la Forza Muscolare Normalizzata (NMF).

La NMF è molto simile alla tensione specifica. La tensione specifica è l’ammontare di forza che una fibra muscolare può produrre relativamente alla sua sezione trasversale, e NMF è l’ammontare della forza che un intero muscolo può produrre relativamente alla sua sezione trasversale.

La maggior parte degli studi (anche se non tutti) dimostra che la NMF aumenta in risposta all’allenamento. Questo contrasta con la tensione specifica della singola fibra, che invece non tende ad aumentare con l’esercizio. Di conseguenza, qualcosa permette al muscolo di produrre più forza senza un aumento della capacità di produrre forza delle sue singole fibre, e (generalmente) senza un aumento nell’attivazione muscolare. Non è un bel rompicapo?

La spiegazione più plausibile per la discordanza tra la tensione specifica della singola fibra muscolare e la NMF è un aumento di tessuto connettivo e di proteine della membrana, responsabili della forza di trasmissione laterale dalla fibra muscolare al tessuto connettivo intorno. Questo consentirebbe a più forza totale di raggiungere il tendine con la stessa forza di contrazione per ogni fibra muscolare.

Fino all’80% della forza contrattile di ogni fibra muscolare può essere trasferita al tessuto connettivo circostante attraverso proteine specializzate che collegano ogni fibra alla fascia muscolare (endomisio, perimisio, epimisio, etc.). Questa forza può poi essere trasferita ai tendini, sommandola alla forza consegnata al tendine direttamente da ogni fibra muscolare all’incrocio tendino-muscolare.

Possiamo vedere questo effetto in azione negli studi che riportano sia la tensione specifica della fibra che la NMF (entrambe derivate dall’output di forza diviso per la sezione trasversale). Per esempio in questo studio la NMF era approssimativamente più alta del 23% rispetto la tensione specifica delle fibre nel pre-training, e approssimativamente il 36% più alta post-training.

Il muscolo può produrre più forza per unità di grandezza rispetto a quella ottenuta dalle singole fibre, perché la sua forza può essere trasmessa più efficientemente ai tendini grazie agli attacchi del tessuto connettivo.

Questa idea per cui gli aumenti in NMF possono essere spiegati da aumenti della trasmissione di forza laterale era stata teorizzata già negli anni ’80, ma ancora non ha avuto un supporto sperimentale diretto.

Noi sappiamo che la trasmissione di forza laterale esiste, ma non sappiamo ancora se aumenta come risultato dell’allenamento. Ad ogni modo, uno studio di Erskine del 2010 appoggia questa posizione.

Una trasmissione di forza laterale accresciuta attraverso un aumento dei rami di tessuto connettivo consentirà una trasmissione di forza più efficiente tra le fibre muscolari e i tendini, ma allo stesso tempo diminuirà la lunghezza effettiva delle fibre muscolari. Di conseguenza, dobbiamo aspettarci che il potere relativo (l’output normalizzato per il volume del muscolo) diminuisca.

In questo studio, nessun dato di misurazione è cambiato a livello di fibra muscolare: i partecipanti non hanno trovato cambiamenti nella tensione muscolare specifica, nei picchi di potere o nella velocità di riduzione.

La NMF, d’altra parte, è aumentata del 17% mentre il potere dell’intero muscolo normalizzato per la dimensione è rimasto lo stesso. Potenza = Forza x Velocità, quindi se la forza relativa aumenta del 17% mentre la potenza non cambia, la relativa velocità di accorciamento deve essere diminuita del 17%.

Tutte queste scoperte sono coerenti con l’ipotesi della trasmissione di forza laterale: nessun cambiamento a livello di fibre individuali ma un aumento dell’abilità del muscolo intero di produrre forza indipendentemente dalla dimensione, il tutto accompagnato da una diminuzione della velocità di riduzione.

Per confermare l’ipotesi saranno necessari studi diretti sui rami di tessuto connettivo e sui cambiamenti nelle proteine di membrana (come la distrofina), ma al momento questa sembra la spiegazione più plausibile per l’aumento di NMF in risposta all’allenamento.

Così come per ogni altro fattore che abbiamo discusso fino ad ora, c’è una grande variabilità nell’NMF e nei suoi cambiamenti. In questo studio particolare (che è in linea con la maggioranza della letteratura sull’oggetto), l’aumento di NMF era del 17±11%, il che significa che un buon numero di persone potrebbero aspettarsi un aumento della forza muscolare indipendente dalla dimensione del muscolo del 28% o più, mentre altri vedranno soltanto un aumento del 6% o meno.

Inoltre, la NMF calcolata post-training è di 30.3±6.7N/cm2, che significa che se l’NMF dei tuoi muscoli è 1 deviazione standard sopra la media (37N/cm2), produrrai il 57% di forza in più per ogni unità di area trasversale del muscolo rispetto a qualcuno la cui NMF è 1 deviazione standard al di sotto della media (23.6N/cm2).

Oltretutto, lo stile di allenamento può influenzare la NMF, come accade ad esempio con i tricipiti dei sollevatori di pesi che hanno una NMF più alta rispetto a quelli dei bodybuilders (ma, ripetiamolo, come per i dati sulla tensione specifica delle fibre muscolari, non possiamo trarre inferenze causali dalla ricerca sull’area trasversale – tutto ciò che abbiamo è un indizio).

Guardando al livello dell’intero muscolo, stiamo iniziando a vedere alcuni fattori che chiaramente aiutano a spiegare i nostri due rompicapo. Il ragazzo più minuto potrebbe sollevare un peso maggiore del ragazzo più grosso perché in possesso di inserzioni muscolari più favorevoli (bracci del momento muscolare più lunghi), di un’architettura muscolare migliore o di una NMF più alta.

In più, siamo capaci di guadagnare più forza che massa muscolare, in parte perché i bracci del momento muscolare tendono ad allungars progressivamente con la crescita del muscolo stesso (che ha un effetto moltiplicatore sulla forza), e poi perché la NMF aumenta con l’allenamento, il che significa che possiamo produrre più forza muscolare per unità di massa.

Continua…