L’importanza del vettore della forza nell’allenamento

Un altro importante capitolo riguardo la specificità della forza è il vettore della forza applicato durante il gesto atletico e di conseguenza come la forza vada allenata per massimizzare il transfer dal training alla performance di gara. Uno spunto e qualche dato significativo possiamo trovarli in un articolo sul sito Strenght & Conditioning Research.

I guadagni di forza sono specifici a seconda del vettore di forza che usi.

I vettori di forza sono proprio il modo in cui ci riferiamo alla direzione in cui viene applicata la forza rispetto al corpo. Quando ci muoviamo, questi vettori di forza vengono spesso definiti “verticali” e “orizzontali”. Il salto verticale coinvolge un vettore di forza che comprende principalmente una componente verticale. Il salto orizzontale e lo sprint coinvolgono un vettore di forza con componenti sia orizzontali che verticali.

Quando si programmano gli esercizi, si tende a fare riferimento a vettori di forza verticali come vettori di forze assiali e vettori di forze orizzontali come vettori di forze antero-posteriore.

L’allenamento con un vettore di forza orizzontale (antero-posteriore) porta a maggiori guadagni nella capacità di esercitare la forza in direzione orizzontale, mentre allenarsi con un vettore di forza verticale (assiale) porta a guadagni maggiori nella capacità di esercitare la forza in direzione verticale (Contreras et al., 2016).

Dall’infografica qui sotto possiamo leggere:

  • l’OBIETTIVO DI STUDIO era confrontare gli effetti dei programmi di allenamento a lungo termine che coinvolgono gli esercizi di front squat o hip thrust in atleti maschi adolescenti.
  • Cosa è stato misurato:
    1. Front Squat 3RM
    2. Hip Thrust 3RM
    3. Tempi di sprint di 10m e 20m
    4. Altezza di salto verticale
    5. Forza di trazione isometrica a metà coscia
  • ALLENAMENTO: 2 allenamenti a settimana per 6 settimane. Il gruppo allenato con Front Squat ha fatto di 4 serie di squat frontali. Il gruppo allenato con Hip Thrust ha fatto 4 serie di hip thrust.

I RISULTATI
L’allenamento con hip thrust ha favorito l’aumento delle performance nei test di forza ad orientamento orizzontale. L’allenamento con front squat ha invece favorito l’aumento delle performance nei test di forza ad orientamento verticale. Questo supporta la teoria dell’importanza del “vettore della forza” nel transfer dall’allenamento alla performance sportiva.

Quindi in conclusione, il vettore di forza (verticale o orizzontale) produce specifici guadagni di forza a causa delle differenze

(1) nella forza angolo-specifica dell’articolazione (range di movimento) e

(2) in quali gruppi muscolari sono stati allenati dall’esercizio.

hip thrust training

 

Perchè lavorare con un Personal Trainer?

Allenarsi con un Personal Trainer offre davvero risultati tangibili? Dalla ricerca di Storer et al. (2014), presentata qui sotto, sembrerebbe di si, anche se sono evidenti alcune lacune metodologiche nello studio condotto. Di sicuro allenarsi con un PT esperto e preparato offre numerosi vantaggi che non tratterò qui, ma di cui vorrei parlare dedicando prossimamente un articolo a parte. In conclusione sarebbe però auspicabile approfondire meglio l’argomento con ulteriori ricerche.

OBIETTIVO DELLO STUDIO: l’obiettivo primario dello studio era valutare i cambiamenti della massa magra dei soggetti studiati comparando chi si sarebbe allenato con un PT e chi si sarebbe allenato in autonomia,  inoltre si sono voluti indagare i miglioramenti sui cambiamenti della forza, delle dimensioni muscolari e della massima capacità aerobica nei soggetti facenti parte dello studio. I soggetti erano maschi sani, di età compresa tra 30 e 40 anni, che si erano allenati 5 – 7 giorni al mese in palestra per i 3 mesi precedenti.

ALLENAMENTO: tutti i soggetti sono stati allenati per 12 settimane con l’obiettivo di aumentare la massa muscolare. un gruppo lavorava con un personal trainer (3 volte a settimana) e l’altro gruppo no. La routine di allenamento era così composta: per il gruppo che si sarebbe allenato con un PT (TRAINED), il PT avrebbe selezionato la tipologia di esercizio, l’intensità e la durata dell’allenamento, mentre il gruppo che si sarebbe allenato autonomamente (SELF) avrebbe scelto in proprio come impostare i parametri della seduta allenante. Ciò costituisce senz’altro un punto critico della ricerca, in quanto i due gruppi, TRAINED e SELF, non sono stati sottoposti alla stessa routine di allenamento, dall’altro lato però potrebbe anche evidenziare il fatto che essere seguiti da un PT professionista sia un valore aggiunto in quanto porterebbe ad un piano di allenamento più mirato e meglio strutturato in grado di risultare più efficace nei confronti degli obiettivi prefissati.

COSA E’ STATO MISURATO:

  • forza massima alla chest press 1RM e alla leg press 1RM;
  • potenza prodotta in un salto verticale con contromovimento, rilevato con un tappetino elettronico;
  • massa magra corporea, massa magra appendicolare e massa grassa mediante DEXA;
  • massima capacità aerobica (VO2-max) mediante un protocollo tapis roulant incrementale, con un sistema di misurazione metabolica portatile.

RISULTATI: il gruppo che lavorava con un personal trainer raggiunse guadagni di forza e incrementi di massa magra corporea in misura significativamente maggiore nella parte superiore del corpo, e inoltre tendeva ad ottenere guadagni di forza della parte inferiore del corpo in misura maggiore. Solo i soggetti che lavorano con un personal trainer incrementarono la capacità aerobica massima, ma entrambi i gruppi hanno perso grasso corporeo durante il periodo di allenamento. Il tempo dedicato settimanalmente alle sedute di allenamento è stato abbastanza simile in quanto il gruppo TRAINED si è allenato in media per circa 150 minuti a settimana mentre il gruppo SELF per circa 172 minuti.

Bisogna però precisare che poiché i due gruppi hanno seguito diversi programmi, non è chiaro se i risultati superiori ottenuti lavorando con un personal trainer siano stati causati dalla programmazione utilizzata o dal supporto fornito lavorando di persona con un esperto di fitness.

Immagine di Strenght and Conditioning Research

L’allenamento su superfici instabili, qualche considerazione

La superficie sulla quale si effettua l’allenamento, sia essa stabile o instabile, influenza in maniera importante i risultati, è possibile farsi una idea più chiara di questo concetto attraverso la ricerca proposta in questo articolo. Immaginiamo la stabilità su un continuum con le classiche macchine ad una estremità e il sollevamento di pesi liberi mentre si è in equilibrio su una fitball all’altra estremità. Il calssico allenamento su panca con i pesi liberi si potrebbe trovare da qualche parte nel mezzo di questo continuum.

Da quanto emerge dallo studio di Cacchio et al. (2008), sono stati indagati gli incrementi di forza attraverso l’analisi dei risultati forniti da un gruppo di venti donne sedentarie allenate per 8 settimane alla chest press. Il gruppo fu diviso in due sottogruppi, uno dei quali si allenava alla chest press con i cavi (CABLE), quindi avendo maggiore instabilità e libertà di movimento nell’esecuzione dell’ercizio, mentre l’altro sottogruppo si è allenato con una chest press classica (FIXED), quindi avendo un’escurizone di movimento fissa e guidata. Entrambi i gruppi hanno effettuati lo stesso protocollo di allenamento, 3 volte a settimana per  8 settimane.

In conclusione dello studio è emerso che, come ci si poteva aspettare, entrambi i gruppi hanno ottenuto incrementi di forza in entrambe le tipologie di macchinari (CABLE e FIXED), ma il gruppo CABLE ha ottenuto un incremento dell’1rm alle macchine CABLE maggiore rispetto al gruppo FIXED sulla stessa tipologia di macchine. Il  gruppo FIXED invece ha  ottenuto un incremento dell’1rm alle macchine FIXED maggiore rispetto al gruppo CABLE.

Attrverso l’analisi elettromiografica è emerso inoltre che i guadagni in termini di forza del gruppo CABLE sono stati resi possibili da una maggiore efficienza neuro-muscolare, infatti per tale gruppo i muscoli antagonisti hanno evidenziato un minore attivazione, mentre i muscoli sinergici al movimento di chest press hanno registrato una maggiore attivazione. Questo sta a significare la presenza di un adattamento neurale che ha portato alla richiesta di una maggiore stabilità del distretto muscolare coinvolto in condizioni di minore stabilità esterna dovuta all’allenamento CABLE, conducendo ad una migliore coordinazione muscolare e ad un più efficiente pattern motorio relativo a questa precisa condizione instabile.

Immagine di Strenght and Conditioning Research

Lo squat per gli sprinter

Nella preparazione atletica, più ancora che nella pratica fitness, è fondamentale che l’allenamento sia il quanto più specifico (ne abbiamo in parte discusso qui) possibile alla pratica sportiva, così da poter avere il massimo transfer possibile e ottimizzando i tempi di lavoro.

Da questa ricerca di Rhea et al. (2016) emerge con forza come anche il ROM a cui viene effettuato l’esercizio sia determinante per ottenere gli incrementi di forza desiderati in ottica di incrementare la performance atletica. L’obiettivo della ricerca era di comparare gli effetti dell’allenamento della forza effettuato tramite quarto di squat (55-65 gradi di angolo al ginocchio), mezzo squat (85-95 gradi di angolo al ginocchio) o squat completo (oltre 110 gradi di angolo al ginocchio) in atleti maschi. Il protocollo di allenamento prevedeva 2 sedute di allenamento per la parte superiore del corpo e 2 sedute per la parte inferiore (incluse 4-8 serie di squat alle profondità stabilite dai ricercatori) ogni settimana, il tutto per 16 settimane.

Alla fine della ricerca furono misurate le performance in termini di aumento dell’1rm nel quarto di squat (QTR), nel mezzo squat (HALF) e nello squat completo (FULL), inoltre furono misurate le variazioni nell’altezza di salto e nei tempi di sprint sulle 40 yard.

I risultati della ricerca mostrano che la forza massima è incrementata in maniera congruente all’allenamento effettuato, ovvero l’1rm nel QTR è aumentato in maniera significativamente maggiore nel gruppo che si è allenato con QTR, la stessa cosa vale rispettivamente per gli altri due gruppi HALF e FULL, per cui il gruppo HALF ha riscontrato un aumento dell’1rm nello squat HALF, mentre il gruppo FULL ha ricontrato un aumento dell’1rm nel FULL squat. Questo a ricordare ancora come l’allenamento produce incrementi specifici in base allo stimolo sommistrato.

Riguardo la performance nel salto verticale e nello sprint invece, è emerso come solamente il gruppo QTR abbia ottenuto degli importanti miglioramenti in termini di altezza di salto e riduzione dei tempi di sprint sulle 40 yard. Pertanto includere il il quarto di squat in una routine di allenamento mira a massimizzare la velocità nello sprint e la potenza di salto migliorando in maniera importante la performance sportiva. Probabilmente effettuare esercizi a ROM parziale migliora la forza a muscolo accorciato a causa del miglioramento dell’attivazione degli impulsi neurali ad angoli specifici.

Immagine di Strenght and Conditioning Research

La differenza tra alti carichi e bassi carichi nell’allenamento della forza

E’ bene tenere a mente che qualsiasi allenamento, purchè gestito in maniera corretta, produrrà degli adattamenti fisici in grado di migliorare quei parametri che sono stati sottoposti all’allenamento, ad esempio la forza è uno di questi parametri, così come la velocità, la resistenza e altro. Per questi motivi ogni allenamento risulta essere specifico per una determinata qualità fisica.

La ricerca di Schoenfeld et al. (2015) qui presentata mostra come allenarsi con alti carichi produca un maggiore incremento della forza massima rispetto a delle sessioni di allenamento con bassi carichi, i quali a loro volta produrranno invece un maggior incremento nella resistenza muscolare. Lo scopo della ricerca è proprio quello di misurare le  variazione nelle dimensioni muscolari, nella forza e nella endurance muscolare in soggetti maschi allenati. Il protocollo di ricerca prevedeva 3 allenamenti a settimana per 8 settimane utilizzando 3 serie di 7 esercizi ognuno dei quali portati a cedimento muscolare. I soggetti esaminati sono stati suddivisi in due gruppi, uno dei quali si allenava con pesi intorno al 25-30% del 1rm mentre l’altro gruppo utilizzava carichi di circa il 70-80% del 1rm.

A conclusione del lavoro, come sotto riportato, sono state analizzate le variazioni del 1rm di bench press e squat, nello spessore del muscolo quadricipite e dei muscoli flessori del gomito e la resistenza muscolare con il 50% del 1rm alla bench press.

Come ormai possiamo intuire i risultati sono stati in linea con le previsioni, ovvero il gruppo che si è allenato utilizzando alti carichi di lavoro ha ottenuto un maggiroe aumento della forza massima negli esercizi di bench press e di squat, mentre solamente chi si è allenato con bassi carichi (30-50% del 1rm) ha ottenuto un aumento dell’endurance muscolare alla bench press. Da notare inoltre come per entrambi i gruppi i guadagni nelle dimensioni del muscolo quadricipite e dei muscoli flessori del gomito siano stati simili e non presentino differenze di rilievo.

Queste variazioni sono probabilmente dovute ai seguenti fattori:

  • Maggiori guadagni in forza massima con carichi pesanti probabilmente si verificano a causa di aumenti più rilevanti nella coordinazione inter-muscolare negli esercizi multi-articolari, maggiori aumenti nella trasmissione della forza laterale, maggiori aumenti nell’azionamento neuronale e maggiori aumenti nella stiffness teninea.
  • Maggiori guadagni nell’endurance muscolare possono verificarsi con carichi più leggeri a causa di maggiori miglioramenti nella capillarizzazione, cambiamenti nella capacità di buffering e nell’ottimizzazione del tasso di trasporto di ioni (Na+, K+, Ca²+).

Immagine di Strenght and Conditioning Research

Il condizionamento specifico per erogare forza in velocità

Quando abbiamo parlato della specificità dell’allenamento per l’acquisizione ed il condizionamento delle capacità condizionali, abbiamo sottolineato come il training debba essere specifico rispetto alla capacità che si vuol incrementare. Uno dei fattori è la velocità di esecuzione dell’esercizio prescelto, di seguito, come Coyle et al. (1981) hanno dimostrato, la velocità di esecuzione condurrà ad incrementi della forza erogata alle velocità specifiche in cui si è svolto l’esercizio.

Lo studio proposto oggi ha comparato le differenze che sono emerse nell’erogazione di forza dopo 6 settimane di allenamento a differenti velocità. Nella ricerca sono stati impiegati ragazzi collegiali che si sono allenati 3 volte a settimana per 6 settimane alla leg extension e suddivisi in due gruppi, un gruppo si allenava eseguendo 5 serie da 6 ripetizioni ciascuna in modalità lenta, l’altro gruppo si è allenato eseguendo le estensioni del ginocchio a velocità più alte (300°/s) con 5 serie ciascuna delle quali da 12 ripetizioni.

Per verificare le variazioni della forza sono stati misurati alcuni parametri, quali:

  • Massima contrazione isometrica volontaria (MVIC);
  • Il momento torcente a 60°/s (modalità lenta), 180°/s e 300°/s (modalità veloce) dell’estensione del ginocchio alla macchina isocinetica;
  • Pliche e circonferenze rilevate a metà coscia;
  • Tipo di fibre muscolari.

Come si può vedere dall’infografica qui sotto la ricerca mostra che l’allenamento della forza a basse velocità ha prodotto un incremento della forza espressa a basse velocità, mentre l’allenamento della forza ad alte velocità ha prodotto un incremento della forza espressa ad alte velocità. Va comunque notato come la differenza nei guadagni di forza risultanti dall’allenamento ad alte velocità sia poco marcato, ciò indica probabilmente un buon transfer delle capacità allenate ad alte velocità.

La causa di questo risultato potrebbe essere ricercata nei maggiori aumenti della velocità contrattile delle fibre singole (compresi i cambiamenti del tipo di fibra), maggiori aumenti nella fase precoce di attivazione neurale, co-attivazione dei muscoli agonisti/antagonisti inibita e maggiori miglioramenti nella coordinazione, rispetto all’allenamento a bassa velocità (carico pesante).

Immagine di Strenght and Conditioning Research

L’allenamento specifico: il training “eccentrico” aumenta la “forza eccentrica”

Come è possibile intuire dal titolo e come abbiamo già discuso in altri articoli, l’incremento della forza è specifico al tipo di allenamento eseguito.

Per questo motivo presento qui una ricerca di Vinke et al. che illustra come in seguito ad un allenamento di forza eseguito attraverso serie eccentriche, il guadagno della forza eccentrica sia stato considerevole a differenza del guadagno di forza eccentrica avuto in seguito ad allenamenti effettuati in modalità concentrica.

L’obiettivo dello studio era quello di comparare gli effetti dell’allenamento a lungo termine effettuato attraverso azioni muscolari concentriche (CON) o eccentriche (ECC) sui cambiamenti di forza e di volume del muscolo allenato. L’allenamento a cui sono stati sottoposti i pazienti consistevano in 2/3 allenamenti a settimana per 12 settimane, le sedute di allenamento prevedevano 3/5 serie da 4/8 ripetizioni di curl bicipiti ai cavi. 

A coloro che si allenavano con azioni muscolari concentriche veniva chiesto di vollevari il carico alla massima velocità possibile, chi si allenava in modalità eccentrica invece doveva eseguire la fase eccentrica in 3/4 secondi.

 I risultati mostrano come chi si è addestrato con l’allenamento della forza eccentrica ha ottenuto un maggiore incremento della forza eccentrica rispetto a coloro che si sono allenati in modalità concentrica e viceversa. Sia l’allenamento eccentrico che quello concentrico hanno aumentato la forza concentrica in misura simile (14 vs 18%), mentre l’allenamento eccentrico ha portato a un aumento maggiore della forza eccentrica rispetto a un allenamento concentrico (26 vs 9%).

Inoltre la sezione trasversale del gruppo muscolare allenato è stata incrementata solo nel gruppo di allenamento eccentrico, in sostanza solamente il gruppo allenato in modalità eccentrica ha dimostrato un guadagno in termini ipertrofici. Questi risultati suggeriscono che nel gruppo ECC, i guadagni in 1RM concentrico e la velocità angolare massima erano ampiamente mediati dall’ipertrofia, mentre la forza eccentrica aumentava in funzione sia dell’ipertrofia sia degli adattamenti neurali. Nel gruppo CON, i guadagni in forza e velocità erano probabilmente principalmente il risultato di adattamenti neurali.

Immagine di Strenght and Conditioning Research

La specificità dell’allenamento conduce a incrementi di forza specifici

Ormai è un dato assodato che la forza sia una capacità condizionale specifica, ossia se io mi alleno per poter aumentare l’espressione di forza di un determianto gruppo muscolare, l’incremento di forza che otterrò sarà molto probabilmente limitato alle modalità con cui ho svolto il mio allenamento. Se mi allenao nello squat otterrò migliori risultati nello squat ma non necessariamente sarò un migliore sprinter, lanciatore o altro, per questo motivo l’allenamento della forza deve prevedere anche pattern motori il più simili possibile ai gesti sport specifici.

Andiamo a vedere alcune considerazioni e fattori che influenzano gli incrementi della forza:

  • Il tipo di carico esterno: il tipo di carico esterno causa guadagni di forza specifici in base alla velocità e all’ampiezza del movimento (Range of Motion – ROM), ciò a causa delle differenze nel picco di contrazione e della velocità di spostamento del carico tra carichi costanti (tipo bilancieri) e resistenze variabili (ad esmpio gli elastici).
  • Il vettore della forza: il vettore della forza causa incrementi di forza specifici al ROM e alla muscolatura coinvolta, questo a causa dei differenti picchi di forza ma anche dei diversi pattern motori, come possiamo leggere qui.
  • I gruppi muscolari: i singoli muscoli rispondono agli allenamenti di forza incrementando il loro volume. Questo aspetto è specifico del muscolo coinvolto nell’allenamento e non coinvolge tutto il corpo nella sua interezza.
  • La stabilità: l’allenamento della forza su superfici instabili o con strumenti instabili causerà un proporzionale incremento della forza su superfici instabili o con strumenti instabili, viceversa vale la stessa cosa se effettuata su superfici stabili o attraverso attrezzature stabili (tipo macchinari).
  • Il ROM: se la forza viene allenata sfruttando l’intero ROM articolare, la forza sarà aumentata in tutto l0arco di movimento utilizzato in allenamento, mentre se nelle sedute di allenamento si utilizzano ROM parziali i guadagni di forza saranno relativi solamente ai gradi di movimento articolare esercitati durante il training. E’ possibile sfruttare a proprio vantaggio questa condizione ad esempio nella preparazione atletica, come illustrato qui.
  • Forza o Resistenza: L’allenamento effettuato con alti carichi porterà ad un incremento della massima forza, mentre allenamenti effettuati con carichi leggeri e portati a cedimento muscolare condurranno a migliori prestazioni nell’ambito della resistenza muscolare alla forza (come spiegato qui).
  • La Velocità: l’allenamento ad alte velocità porta ad un incremento della forza esplicitata ad alte velocità, così come l’allenamento della forza a basse velocità incrementerà l’espressione di forza a basse velocità.
  • La modalità di contrazione muscolare: l’allenamento eseguito in modalità eccentrica favorisce lo sviluppo di forza in fase eccentrica (come è possbile leggere qui), la stessa cosa varrà ovviamente se l’allenamento è eseguito in modalità concentrica o isometrica.

In conclusione possiamo affermare che l’incremento della forza è strettamente dipendente dalle modalità attraverso cui tale capacità viene condizionata, per cui bisognerà tenerne conto in fase di preparazione atletica o di recupero dagli infortuni al fine di massimizzare l’effetto richiesto.

Allenare lo sprint con giubbetti zavorrati incrementa la performance?

L’obiettivo dello studio qui proposto è quello di comparare gli effetti dell’allenamento delle capacità di sprint nella corsa con o senza l’utilizzo di giubbetti zavorrati. Per indagare questo aspetto sono stati selezionati calciatori amatoriali e sono state misurate le loro performance riguardo gli sprint su brevi distanze e la repeated sprint ability (RSA – ovvero la capacità di effettuare sprint massimali con brevi pause).

I parametri presi in considerazione sono stati:

  • l’altezza di salto con contro movimento (CMJ), misurata attraverso la pedana di forza;
  • il tempo ottenuto in sprint di 10 e 30 metri, usando fotocellule ad infrarossi per la deterrminazione del tempo;
  • rigurado l’RSA è stato utilizzato un test composto da 6 sprint massimali di 25 metri con 25 secondi di repuero attivo e registrando poi la percentuale di decremento tra il tempo misurato ad ogni sprint e quello impiegato se lo sprint fosse stato condotto alla massima velocità possibile per il soggetto.

Tutti i soggetti si sono allenati 2 volte a settimana per 6 settimane. Ogni allenamento era composto da  1-4 serie di 3-7 ripetizioni ciascuna di sprint di 20 metri con 2 minuti di recupero tra le serie, per una distanza totale di 120-280 metri. I soggetti sono stati divisi in 2 gruppi, uno dei quali ha indossato giubbetti zavorrati (compresi tra il 18,9%±2,1% del proprio peso corporeo) durante le sessioni di allenamento per ogni sprint effettuato. Entrambi i gruppi hanno anche sostenuto 4 allenamenti di calcio a settimana.

risultati hanno dimostrato che l’allenamento dello sprint sia con che senza giubbetti zavorrati ha prodotto circa gli stessi risultati in termini di incremento delle prestazioni. Entrambi i gruppi hanno ridotto i tempi sugli sprint lineari di 10 e 30 metri, il tempo medio, la velocità e il tempo totale di RSA. Nessuno dei due gruppi però ha migliorato la percentuale di decremento nell’altezza di salto con contromovimento (CMJ).

L’aggiunta di un giubbotto zavorrato non ha avuto alcun beneficio in termini di miglioramento delle performance rispetto allo stesso allenamento svolto senza di esso, ciò potrebbe essere dovuto al fatto che la direzione dell’applicazione della forza esercitata dal giubbetto zavorrato non è orizzontale ma verticale. La resistenza applicata, infatti, può essere sia orizzontale (uso di slitte zavorrate, paracaduti, elastici, …) che verticale (giubbetti zavorrati), e magari le capacità di sprint traggono maggior beneficio dall’applicazione di una resistenza orizzontale più congruente con il gesto specifico dello sprint.

Immagine di Strenght and Conditioning Research

Gli estensori dell’anca e lo sprint

Attraverso la infografica di oggi presento uno studio, presente su Strenght & Conditioning Research, sull’importanza della muscolatura estensoria dell’anca rispetto a quella estensoria delle ginocchia negli sport di velocità ed in particolare negli sprinter.

Gli estensori dell’anca (ischiocrurali, grande gluteo e grande adduttore) e gli estensori del ginocchio (quadricipiti) sono i muscoli chiave nella maggior parte degli sport giocati a terra, in quanto consentono di saltare, sprintare e effettuare rapidi cambi di direzione. Tuttavia, il loro coinvolgimento proporzionale differisce nei vari gesti atletici, secondo le esatte esigenze di tale attività.

Questo studio indica che avendo muscoli estensori dell’anca proporzionalmente più grandi (ischiocrurali e grande gluteo) rispetto agli estensori del ginocchio potrebbe notevolmente apportare benefici alla capacità di sprint, suggerendo che la muscolatura estensoria delle anche è molto più importante rispetto ai muscoli estensori del ginocchio in questo particolare movimento.

Questo è un elemento fondamentale da tenere in considerazione per i programmi di allenamento della forza, perché gli esercizi come gli squat coinvolgono in misura simile gli estensori dell’anca e del ginocchio, mentre altri esercizi sono più dominati dall’anca (deadlift, lunge e hip thrust).

L’obiettivo dello studio è quello di esaminare la relazione tra il volume dei muscoli della gamba e i tempi di sprint sui 100 m. negli atleti di velocità di alto livello.

Il volume muscolare è stato misurato attraverso immagini ricavate dalla risonanza magnetica (MRI), e sono stati indagati 12 muscoli appartenenti all’estremità inferiore del corpo. Tra tutti i muscoli indagati, solamente il volume degli ischiocrurali e del grande gluteo, rapportati al peso corporeo dell’atleta, sembrano avere una correlazione positiva con i tempi di sprint.

Le conclusioni dello studio portano ad indicare che il volume normalizzato (relativo al peso corporeo) degli ischiocrurali e del grande gluteo influenza direttamente l’abilità di sprint dell’atleta sui 100 m. Comunque, è stato anche rilevato che il rapporto del volume del grande gluteo con quello del quadricipite e del volume degli ischiocrurali con quello del quadricipite è strettamente correlato a migliori tempi di sprint sui 100 m. negli atleti di alto livello.

Immagine di Result Inc. Gym